Roma – Peggiora, in Italia, la condizione lavorativa soprattutto tra donne e giovani. I dati, già tra i più critici dell’Ue27, sono ulteriormente peggiorati negli ultimi anni a causa della crisi. Il tasso di occupazione, nella classe 20-64 anni, è sceso dal 63 per cento del 2008 al 61,2 per cento del 2011, mentre quello di mancata partecipazione è salito dal 15,6 per cento al 17,9 per cento.
Donne, giovani e Sud sono particolarmente penalizzati: il tasso di occupazione per loro è, rispettivamente, del 49,9 per cento, 33,8 per cento tra i 20-24enni e 47,8 per cento. Il tasso di mancata partecipazione al lavoro è del 22,6 per cento, 41,7 per cento e 32,1 per cento. La costante incidenza dei lavoratori a termine per più di 5 anni (19,2 per cento) denota una condizione d’instabilità che non si attenua. La mancata stabilizzazione dei contratti investe soprattutto i giovani (dal 25,7 per cento del 2008 al 20,9 per cento del 2011). Anche la presenza di lavoratori con bassa remunerazione (10,5 per cento) e di occupati irregolari (10,3 per cento) rimane stabile, mentre aumenta la percentuale di lavoratori sovra-istruiti rispetto alle attività svolte (dal 15,4 per cento del 2004 al 21,1 del 2010). Tuttavia, i lavoratori italiani hanno una percezione positiva della propria condizione (voto medio 7,3).
Non mancano le disuguaglianze nell’accesso al lavoro, territoriali, generazionali e di cittadinanza, ulteriormente accentuate con la crisi. Fa eccezione il divario occupazionale tra uomini e donne, dal momento che la crisi ha colpito maggiormente il settore edile e manifatturiero, che impiega quasi esclusivamente uomini. Eppure il divario di genere resta tra i più elevati d’Europa: il tasso di occupazione 20-64 anni passa dal 72,6 per cento maschile al 49,9 per cento femminile.
Le donne, intanto, continuano a fare i conti con un sovraccarico di ore dedicate al lavoro, retribuito o meno: il 64 per cento lavora più di 60 ore a settimana, compreso il lavoro di cura. Resta inoltre stabile al 72 per cento il rapporto tra il tasso di occupazione delle donne con figli in età prescolare e quello delle donne senza figli. “Le condizioni peggiori delle donne meridionali fanno supporre che ad alimentare l’insoddisfazione sia anche la carenza di servizi” scrivono i curatori del rapporto.
La crisi non ha penalizzato complessivamente la partecipazione al lavoro degli stranieri (scesa dal 69,8 per cento al 66,2 per cento), ma ha inciso molto sui tassi maschili. é inoltre rilevante e in aumento lo svantaggio nella qualità dell’occupazione rispetto agli italiani: l’incidenza di occupati sovra-istruiti è più che doppia (42,3 per cento contro il dato degli italiani al 19 per cento). (gig, Redattore sociale) (DIRE)