Dall’aria condizionata ai locali: come pulire

Dall’aria condizionata ai locali: come pulire

Uffici e negozi: fare «tabula rasa» di ogni pericolo negli impianti intervenendo anche nei controsoffitti

Si avvicina la ripartenza o fase 2. A breve il governo allenterà i divieti e molti negozi o uffici potranno riaprire. Ma come pulire i locali in profondità assicurandosi la sanificazione completa? Come essere sicuri che non ci sono rischi sia per il proprio personale che per i clienti? Occorre scegliere con attenzione una ditta specializzata che utilizzi i prodotti adatti a fare «tabula rasa» di ogni pericolo nell’aria e negli impianti di uffici e negozi, sostituendo anche i filtri e intervenendo nei controsoffitti.

Gli impianti di aria condizionata infatti non sono un nemico ma “aiutano a ridurre il rischio di diffusione» del coronavirus. Lo assicura l’Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria Riscaldamento Refrigerazione (Aicarr), con la sua presidente Francesca Romana d’Ambrosio, secondo cui é «indispensabile una corretta informazione su questo tema».

«Nella situazione che oggi stiamo vivendo – si legge in un comunicato dell’associazione – l’uso degli impianti è indispensabile, perché sono l’unica soluzione per diluire la concentrazione del virus negli ambienti chiusi (abitazioni, uffici, negozi, supermarket) e quindi ridurre il rischio di contagio. Gli impianti sono utili nella lotta all’epidemia e quindi vanno tenuti accesi. – afferma l’associazione – E’ ben noto che per garantire le condizioni di salubrità degli ambienti chiusi e quindi la salute di chi li occupa è necessario ricambiare l’aria, ventilando. È anche risaputo che non basta aprire le finestre perché l’aria che entra in questo caso non si distribuisce in tutto l’ambiente. È invece necessario – spiega la nota – utilizzare gli impianti di condizionamento o climatizzazione usati per il riscaldamento invernale e raffrescamento estivo, che sono in grado non solo di garantire un buon ricambio dell’aria, riducendo la concentrazione degli inquinanti, ma anche di creare le condizioni di comfort termico».

Per ogni tipo di attività e per ogni categoria di lavoratori occorre avere un progetto di sanificazione adatto. Facciamo qualche esempio.

Sono 6 milioni 145 mila i lavoratori di prossimità in Italia – camerieri, commessi, operatori sanitari e infermieri, parrucchieri ed estetiste – che per svolgere le loro mansioni necessitano del contatto diretto, in alcuni casi fisico, con il pubblico. Si tratta di una quota importante dell’occupazione italiana (il 26,5%) concentrata maggiormente nel Nord Italia (48,7%) che, man mano che il lockdown inizierà ad alleggerirsi, si troverà a modificare il proprio stile di lavoro. E’ la fotografia scattata dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro nell’indagine «Come cambieranno le professioni di prossimità» contenente una classifica dei lavoratori maggiormente esposti al contagio e più bisognosi di tutele per la Fase 2. «Non solo mascherine e guanti, obbligatori per tutti – sottolinea la ricerca – ma anche dispositivi specifici di protezione e una riorganizzazione dell’attività per garantire quel distanziamento sociale destinato ad accompagnarci ancora per i prossimi mesi». Qui la sanificazione è fondamentale per tutti gli ambienti in cui si svolgono le attività e il contatto con il pubblico.

A fronte di questi grandi gruppi, vi sono poi molti altri segmenti professionali che vivono un rapporto diretto con il pubblico: dagli specialisti delle scienze della vita (135 mila), ai tecnici della pubblica sicurezza, dei servizi culturali, agli esercenti attività ricettive. L’uscita dal lockdown imporrà a molte di queste categorie, come visto, un vero e proprio cambiamento della modalità di lavoro. Anche se quasi la metà (45%) arriverà più preparato, dal momento che ha continuato a lavorare anche nella fase emergenziale, non essendo stato interessato dal blocco delle attività.

Tra le ipotesi di uscita graduale dalla chiusura, si è parlato spesso dell’ipotesi di una tempistica differenziata per genere e target generazionali. Se le donne fossero le prime a ripartire, le professioni «di prossimità» non incontrerebbero criticità particolari. Queste rappresentano infatti il 62,1% degli occupati nei settori individuati, con punte tra tecnici e personale qualificato del settore sanitario (65,3%), esercenti e addetti alla ristorazione (60,3%), esercenti e addetti alle vendite (61,3%), professioni qualificate nei servizi personali ed estetici (77,4%) e ovviamente tra il personale non qualificato addetto ai servizi domestici (88,5%). Anche a livello anagrafico, se dovessero essere individuate tempistiche scaglionate, gran parte delle professioni individuate non incontrerebbe specifici problemi. Tra le professioni in causa vi sono poi gli esercenti e gli addetti alle attività di ristorazione (1 milione 154 mila pari al 18,8% delle professioni di prossimità): per molti il rientro al lavoro sarà traumatico, in quanto implicherà, oltre all’adozione delle misure di protezione individuale, una vera e propria riorganizzazione della modalità di lavoro. A partire dagli spazi, che dovranno inevitabilmente essere riprogettati per garantire adeguata distanza (tra tavoli e persone), fino ai tempi di lavoro, laddove sarà ipotizzabile una estensione del modello del doppio turno (sia a cena che a pranzo) già diffuso tra i locali di maggiore successo. La riapertura, in alcuni casi, sarà accompagnata da inevitabili esuberi di organico, non solo per effetto del blocco delle attività a partire da marzo, ma anche per la contrazione del giro d’affari che caratterizzerà i prossimi mesi. Ma l’animo imprenditoriale che ha già portato tanti ristoratori a riorganizzare con il delivery la propria attività, potrebbe trarre in realtà dall’attuale crisi anche occasione per riorganizzazione e crescita dell’attività, con lo sviluppo di un servizio a domicilio o da asporto, già largamente sperimentato in fase di lockdown.

L’altro grande gruppo è rappresentato da commercianti e addetti alle vendite – si legge nell’analisi – ovvero quanti lavorano a diverso titolo nel commercio, con un rapporto a diretto contatto con la propria clientela. Si tratta di 1 milione 723 mila lavoratori (il 28% delle professioni di prossimità), molti dei quali tuttavia non si troveranno impreparate all’apertura avendo già avuto modo di adattarsi nella fase del lockdown alle nuove regole, che tuttavia potrebbero diventare più stringenti. Anche in questo caso le sanificazioni programmate e periodiche sono fondamentali.

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