Donare il sangue fa stare meglio e conviene: ecco l’identikit di Avis

Stili di vita sani, prevenzione, sviluppo di rapporti sociali, e valore per la società: questi i risultati di uno studio realizzato per l’associazione e presentato oggi a Roma. Oltre otto euro restituiti in media alla comunità per ogni euro investito.
Roma – Oltre otto euro restituiti in media alla comunità per ogni euro  investito nelle attività del volontariato del sangue. Non solo, ma chi  dona ha uno stile di vita più sano, si controllo di più e sviluppa maggiori rapporti sociali.  Sono questi i risultati dello studio del  Cergas –  Bocconi che certifica il positivo ritorno per la  collettività dell’appartenenza all’Associazione dei Volontari Italiani  del Sangue (Avis) di cui ricorre quest’anno il 90° anniversario della  Fondazione. L’indagine, che è stata presentata oggi a Roma, è contenuta nel libro curato dal presidente di Avis nazionale Vincenzo  Saturni, dal professor Giorgio Fiorentini e dalla dottoressa Elisa  Ricciuti dell’Università Bocconi che prosegue le ricerche avviate dall’Associazione con la pubblicazione del “Libro Bianco sul sistema trasfusionale” (2014).  Obiettivo dello studio è approfondire e quantificare i benefici  sanitari, sociali e relazionali prodotti dai donatori volontari Avis.
“Per quanto il volontariato non sia nella sua essenza quantificabile  – dichiara Saturni – con questa ricerca abbiamo voluto svelare le  ricadute positive sanitarie e sociali del volontariato del sangue,  frutto anche di una organizzazione attenta, capillare e basata sulla  programmazione. Ci auguriamo che questo testo possa fungere da  strumento di approfondimento e di lavoro per tutti i soggetti interessati, a partire dai decisori politici ai vari livelli, Governo  e Ministeri competenti, Regioni, Enti Locali, per il mondo del volontariato e dell’associazionismo, per gli operatori sanitari del  settore trasfusionale e non solo”. Il metodo di valutazione usato è il Social Return on Investment (Sroi – Ritorno sociale sugli investimenti).
Nello specifico, i dati sono stati studiati e ricavati attraverso i  questionari compilati da 1.023 donatori distribuiti su 4 sedi  campione. In ambito sanitario e di prevenzione, circa il 13 per cento  dei donatori ha potuto usufruire di una diagnosi precoce di qualche  patologia attraverso i test di qualificazione sierologica e le visite  medico specialistiche che precedono la donazione di sangue. Tutto ciò, oltre a informare in anticipo il donatore sulle mutate condizioni di  salute, ha comportato anche significativi risparmi per il Servizio  Sanitario Nazionale. Oltre la metà (il 56,8 per cento) dei donatori ha  affermato di aver cambiato le proprie abitudini nutrizionali adottando  un’alimentazione più salutare, proprio in virtù dell’appartenenza a  un’associazione di volontariato.  Il 37,8 per cento ha ritenuto anche   importante modificare il consumo giornaliero o settimanale di  alcolici. Il 42,3 per cento del campione ha inoltre affermato di aver  modificato i propri comportamenti come fumatore, o eliminando del tutto l’abitudine oppure riducendo il consumo giornaliero di sigarette.

Anche l’impatto sull’attività fisica è stato significativo, con il  26,2 per cento degli intervistati che hanno aumentato le ore  settimanali dedicate alla corsa o ad altri sport. Anche il sottogruppo  delle persone con più di 40 anni ha modificato questi comportamenti  nella misura del 18,4 per cento. Circa il 30 per cento dei donatori  volontari ha stretto rapporti interpersonali con altri associati, con una media di 5,1 persone conosciute.  Ed è molto alto (circa il 70 per cento) il campione di donatori e volontari Avis che afferma di aver accresciuto il proprio senso di  soddisfazione e autorealizzazione dalla partecipazione alle attività  dell’associazione. Nel tentativo di quantificare il valore che viene  attribuito dai donatori all’esperienza della donazione, lo studio ha  determinato un ammontare di 17,85 di euro per donazione, valore  ottenuto dalla somma dei costi di spostamento per arrivare al centro  trasfusionale o all’unità di raccolta dell’associazione, dal costo  opportunità del tempo (in termini di rinuncia ad altre attività  personali o lavorative) e da un’ipotetica disponibilità a pagare per l’attività di volontariato.

Un ultimo aspetto che la ricerca ha voluto indagare è l’eventualità  che l’esperienza di donazione del sangue possa aver rappresentato  l’occasione per sviluppare una maggiore sensibilità nei confronti di  altre organizzazioni di volontariato. Dal campione è emerso che il 32  per cento ha rafforzato la propria disponibilità a collaborare per  altre Onlus e il 23 per cento a incrementare le erogazioni liberali.

Fonte Redattore Sociale

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