Sono quattro i “perché” ai quali “Mondo Rosa” (la struttura di accoglienza per donne nata all’interno del Centro Calabrese di Solidarietà) ed “Attivamente Coinvolte” hanno cercato di dare risposta nell’incontro molto partecipato che si è tenuto il 25 novembre al San Giovanni. “Perché le donne non si oppongono? Perché non denunciano? E perché, a volte, restano?”…Chiamate ad esprimere un parere al riguardo sono state cinque diverse professioniste – la scrittrice Paola Bottero, la giornalista Benedetta Garofalo, la direttrice del pronto soccorso dell’ospedale di Catanzaro Costanza Pullano, il sostituto procuratore del tribunale di Catanzaro Debora Rizza e la dirigente scolastica dell’Istituto “Petrucci- Ferraris-Maresca” Vittoria Vitaliano – ma anche il ricco parterre di donne presenti ha voluto spontaneamente portare il proprio contributo al dibattito, moderato da Romina Ranieri di “Mondo Rosa” e Stefania Figliuzzi di “Attivamente Coinvolte”.
Di certo non c’è una soluzione al dramma della violenza fisica e psicologica che la donna sembra portarsi dietro come un pesante fardello, ma ritrovarsi per parlarne in maniera costruttiva, donne e uomini insieme, è fondamentale, al di là dei provvedimenti legislativi, pur importanti, che si sono ottenuti negli ultimi anni. I sette milioni di donne che nella sola Italia hanno subìto un atto di violenza – domandiamoci, quindi, quante sono nel mondo – chiedono giustizia, a dimostrazione del fatto che per contrastare la violenza non si è fatto abbastanza, e mai si farà, finché ci sarà chi ritiene che se una donna in minigonna viene violentata se l’è andata a cercare, e se viene picchiata a sangue dal compagno è perché è stata esasperante nei comportamenti.
Ma al sentimento di vergogna ed al senso di colpa che si insinuano nella mente della donna malmenata e stuprata, nessuno pensa. Ed è lì che si consuma la seconda violenza. Una violenza, figlia della prima – e la maggior parte delle volte reiterata quando si consuma tra le pareti domestiche, essendo sempre meditata, e mai episodica – che getta la donna nell’abisso dell’insicurezza e le fa franare il terreno intorno. Senza più relazioni sociali e senza più rispetto per se stessa, la donna si ritrova a non avere più speranza, a non pensare ad altre vie d’uscita, specie se ha figli da mantenere. Si annulla in nome di un amore che non è mai esistito, e sta zitta perché pensa di non essere creduta, o forse perché crede che, se l’uomo che ha scelto si comporta così, sia anche colpa sua. Forse pensa ancora di poterlo cambiare, di poterlo salvare dalla sua parte violenta che fuoriesce quando lei meno se l’aspetta.
E’ nell’idea dell’”io ti salverò” che, spesso, le bambine, future donne, crescono. Ed è lì, nell’educazione e nella cultura familiare, che spesso cova, con danni a volte irreversibili, il punto debole delle donne adulte, anche professioniste e socialmente impegnate, che però non si stimano abbastanza e fanno fatica a rimanere libere dai condizionamenti.
Perché ci si sorprende, quindi, del fatto che le donne non denuncino, se pensano di non avere altre possibilità di scelta? Se spesso non trovano nessuno disposto anche solo ad ascoltarle, nemmeno tra le stesse donne? E se il più delle volte subiscono il “ricatto” dei figli, che basta a scoraggiarle nel portare avanti il loro proposito di allontanamento da una situazione soffocante e rischiosa anche per la propria vita?
Ecco perché è importante ritrovarsi, anche se la partecipazione maschile ad incontri di tal sorta è ancora minima. Ecco perché è importante avviare processi di sensibilizzazione all’interno delle scuole ed ovunque, al fine di rompere le resistenze culturali che portano l’uomo a non accettare l’indipendenza delle donne. Ecco perché la solidarietà femminile è un requisito imprescindibile nel percorso di risalita di quante trovano il coraggio di confessare da dove viene quell’occhio nero, e di farsi aiutare nei centri antiviolenza che danno loro accoglienza ma, soprattutto, sostegno morale nel recupero della propria identità di donne ferite, che devono maturare l’idea di portare avanti la scelta fatta in piena autonomia, e senza più voltarsi indietro.
Il video degli studenti dell’Istituto “Petrucci-Ferraris-Maresca”, proiettato per l’occasione, ha un po’ riassunto tutto questo, ma sono state le parole di Isa Mantelli del Centro Calabrese di Solidarietà ad aver dato uno scossone all’incontro: “Recuperiamo le nostre diversità. Donne e uomini, per fortuna, sono uguali nei loro diritti, ma diversi. E’ solo riconoscendo la nostra diversa natura che possiamo dare avvio ad un percorso costruttivo di cambiamento”.
Ufficio stampa CSV Catanzaro