ECCO LA NUOVA RIFORMA DEL TERZO SETTORE E NON SARÀ L ’ ULTIMA
Più controlli e maggior precisione nella redazione delle scritture contabili in cambio di qualche agevolazione anche di natura fiscale. Sembra essere questo il perno attorno a cui ruota l’ennesima riforma del terzo settore, approvata in via definitiva dal consiglio dei ministri del 2 agosto e ora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Non sarà certamente l’ultimo tentativo di stabilizzare e dare organicità a una materia che resta ancora irta di problemi, ma si tratta certamente di un passo in avanti. Un aspetto interessante, da un punto di vista societario, è che si rendono applicabili a questi enti molte disposizioni del codice civile. Anche con un rinvio alle norme del codice civile per tutte quelle situazioni che non sono disciplinate dal codice del terzo settore. Salvo che il codice civile disciplina le persone giuridiche nel libro primo e nel libro quinto le società (titolo quinto) e le cooperative (titolo sesto) e non sarà sempre facile definire a quale di queste regole bisogna fare riferimento. La riforma del terzo settore ha certamente chiarito e razionalizzato alcuni aspetti della disciplina, ma i problemi sul terreno restano molti. Tanto che il senato ha già approvato, in prima lettura, una riforma delle legge delega ed è probabile che, se questo percorso legislativo giungerà in porto, gli enti no profit saranno interessati tra uno o due anni, da un’altra ondata legislativa. Anche perché ci sono alcuni aspetti che devono essere ancora chiariti. Per esempio, le associazioni sportive non sembra che abbiano sempre convenienza a entrare tra le associazioni del terzo settore, per non perdere le agevolazioni di cui godono attualmente, come un regime fiscale forfettario agevolativo. Anche fondazioni e associazioni, che godono di un regime light in termine di regole contabili e controlli societari, probabilmente non sempre avranno convenienza a iscriversi nel registro del terzo settore. È dubbio anche se i trust o i comitati o i consorzi possano iscriversi. In ogni caso mancano ancora le disposizioni attuative necessarie per la predisposizione del registro, che avrebbe dovuto essere attuato entro la fine del 2018 e invece è ancora in alto mare. Chiaro che in mancanza del registro, che dovrebbe essere gestito dal ministero del Lavoro anche se a livello regionale, molte delle disposizioni sul terzo settore restano sospese. Migliore la situazione dal punto di vista delle disposizioni fiscali dove, insieme a un coordinamento con le norme civilistiche, si è puntato ad ampliare e riorganizzare le agevolazioni di cui godono questi enti, oltre a numerosi interventi chirurgici su numerose norme del decreto legislativo 117. Le correzioni più significative sono probabilmente quelle che riguardano l’estensione dell’esenzione Ires per i redditi degli immobili destinati esclusivamente ad attività non commerciali degli enti filantropici, derivanti dalla trasformazione di organizzazioni di volontariato, e l’esenzione dall’imposta di registro per gli atti costitutivi e per quelli connessi sempre per gli enti di volontariato. Si tratta, quest’ultima, di una disposizione prevista dalla legge 266/91, lasciata decadere e ora ripristinata. Ampliato anche da 50 a 220 mila il tetto dei ricavi che consente la predisposizione del solo rendiconto di cassa (entrate e uscite). Inoltre, non concorrono alla formazione del reddito i contributi e gli apporti erogati da pubbliche amministrazioni, anche se in regime di convenzione o di accreditamento. Così come si considerano non commerciali i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote di iscrizione e gli altri proventi a questi assimilabili. Disposizioni per certi versi allettanti, a fronte delle quali, però, vi è anche il tentativo di dare maggior trasparenza e possibilità di controllo nei confronti della galassia di enti che compongono l’universo del terzo settore.