In occasione della Giornata della Memoria, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il 26 gennaio, verrà eseguito in prima assoluta il concerto “Serata colorata”, con le musiche composte all’interno del campo di concentramento di Ferramonti, in Calabria.
Ferramonti è una località in provincia di Cosenza dove sorse uno dei più grandi campi di concentramento italiani della seconda guerra mondiale.
Vi transitarono, fra il giugno 1940 e il settembre 1943, più di 3.000 ebrei stranieri e anche apolidi, dissidenti politici, cittadini di nazioni nemiche, slavi e indesiderati. Oggi pochi ne ricordano anche solo il nome. E’ storia rimasta per decenni sconosciuta, che è un dovere riportare alla memoria.
La zona su cui sorse il campo era povera e malarica. Eppure, nonostante la mancanza di libertà, la carenza di cibo e le malattie, a Ferramonti (come, del resto, negli altri quasi cinquanta “campi del duce”, allora distribuiti nella Penisola) gli internati venivano trattati con rispetto e senza violenze. Anche perché, seppur persecutorio, l’internamento degli ebrei da parte del fascismo – prima della nascita della Repubblica di Salò – non era ancora finalizzato alla Shoah.
Così a Ferramonti furono possibili attività artistiche e musicali. Nel campo, in particolare, erano internati molti musicisti, alcuni dei quali sarebbero divenuti molto noti nel dopoguerra. Tra essi, il trombettista Oscar Klein, il direttore d’orchestra Lav Mirski, il pianista Sigbert Steinfeld, il cantante Paolo Gorin, il compositore Isko Thaler e il pianista Kurt Sonnenfeld.
Spesso nel campo venivano organizzati concerti musicali, sia strumentali che corali, e spettacoli di vario tipo, cui gli internati dettero il nome di “Serate Colorate”, dove il jazz, il cabaret, l’operetta dominavano la scena.
“Serata Colorata” riproporrà l’atmosfera degli spettacoli di Ferramonti, basandosi anche sul ricco repertorio iconografico e sulle testimonianze scritte che sono pervenute e raccontando, grazie alla inimitabile voce di Peppe Servillo, la “storia musicale” del campo, ricca di episodi straordinari: da quello dell’armonium spedito dal Vaticano ed entrato nel campo come “materiale bellico”, ai violini che furono costruiti da liutai locali, riconoscenti per essere stati curati dai medici internati. Questi liutai sapevano costruire chitarre, ma si industriarono per fabbricare i violini indispensabili all’orchestra; tra loro c’era Nicola De Bonis, creatore di alcuni degli strumenti che suonarono a Ferramonti.
Ricordare nel Giorno della Memoria Ferramonti – dove gli internati seppero, comunque, fare cultura – è un’opportunità e un monito contro ogni forma di persecuzione, ed anche una denuncia nei confronti di chi tende a sminuire il carattere persecutorio del fascismo e delle leggi razziali italiane. Ma è anche un modo per rendere omaggio alla forza d’animo, alla creatività, al coraggio di chi – anche in quella situazione – riuscì a mantenere intatti la dignità, il desiderio di cultura e la forza del sogno. Inoltre, è un modo per ricordare chi, per come ha potuto, si prodigò per aiutare quegli internati.