Idee Bikeconomy: la bicicletta come strumento di inclusione

L’European Cyclist Federation, che raggruppa le associazioni che a livello europeo promuovono l’uso della bicicletta, stima in oltre 150 miliardi di euro l’anno le ricadute in termini di benefici dell’uso della bicicletta. Un comparto in continua crescita che, in Italia, muove circa 12 miliardi di euro
Una ricerca di Ismart-Legambiente-Unioncamere indica in 7,5 miliardi di euro il valore generato in Italia, nel 2018, dal solo cicloturismo, che ha coinvolto 6,7 milioni di persone. Se al cicloturismo si aggiunge l’utilizzo quotidiano della bici, si comprende quanto significativo sia il comparto della ciclabilità; così significativo da “meritarsi” anche un indice proprio, il PIB, Prodotto Interno Bici. E qui le cifre salgono, arrivando a quadi 12 miliardi.
Ne parlano Gianluca Santilli e Pierangelo Soldavini nel loro recente Bike economy. Viaggio nel mondo che pedala (Egea 2019), uno studio rigoroso e avvicente, pieno di storie e di storia.
Ne parliamo in questa intervista con Pierangelo Soldavini.
Uno svago, un passatempo, uno sport, o, come suggerisce il titolo del vostro libro, anche una grande opportunità economica? Che cos’è la bike economy?
La bicicletta è senz’altro uno svago, un passatempo, uno sport. La bicicletta è tutte queste cose insieme e, da questo punto di vista, credo sia molto moderno come “prodotto”, perché non ha una singola funzionalità ma ha diversi servizi e diversi utilizzi. Da questa multifunzionalità nasce un valore economico, che non è soltanto la produzione. I vari settori merceologici vengono misurati in termini di produzione o di export, ma qui abbiamo senz’altro una produzione e export – e da questo punto di vista l’Italia è estremamente forte, perché è il primo esportatore europeo e il secondo produttore europeo – ma offre altre enormi opportunità…
Quali?
Pensiamo al turismo, perché la mobilità in bicicletta è molto lenta e può essere sfruttare per scoprire nuovi territori che non hanno vocazione turistica, ma pensiamo anche allo sviluppo del commercio. Anche in città la mobilità in bicicletta è tendenzialmente più lenta e favorisce i piccoli esercizi. E poi ci sono i tema della mobilità urbana, della logistica, del benessere e della salute. Anche questi impatti della bicicletta hanno un valore economico, magari difficile da valutare ma oramai assodato.
Da qualche tempo si è posta attenzione al PIB, il Prodotto Interno Bici? Ci dai qualche dato?
Questo settore è difficile da stimare e da quantificare. La European Cyclist Federation, che raggruppa le associazioni che a livello europeo promuovono l’uso della bicicletta, tre anni fa stimò in oltre 500 miliardi di euro l’anno le ricadute in termini di benefici dell’uso della bicicletta. Un valore che ha stupito molto, ma è stato molto criticato perché molti dei parametri usati erano aleatori e poco scientifici. Recentemente, la stessa ECF ha rifatto i conti e ha ridimensionato le cifre. Parliamo comunque di un mercato di beni e benefici complessivi – stavolta verificati e verificabili – stimato in 150 miliardi di euro l’anno.
Una cifra non indifferente…
Inoltre dovremmo sottolineare che metà di questi “numeri” impattano positivamente su salute e benessere: 73 miliardi di euro derivano da prevenzione di morti premature, da prevenzione di malattie croniche cardiovascolari o diabete e, quindi, si traducono in minori costi per la sanità pubblica. Ricordiamo che 73 miliardi di euro corrispondono alla spesa in sanità pubblica di un Paese come la Spagna…
Prototipo di bicicletta famigliare
1939
Per il nostro Paese quanto è stimato il PIB?
La stima è attorno ai 12 miliardi di euro.
Un valore che potrebbe crescere?
Potrebbe essere più del doppio se ci dotassimo delle infrastrutture sia a livello urbano che di cicloturismo. L’Italia è il Paese ideale per andare in bicicletta e per essere sfruttato dal punto di vista turistico. Il patrimonio artistico delle cittadine italiane viene escluso dai grandi percorsi turistici, dotare i loro territori di strutture cicloturistiche moderne può diventare un volano economico.
Muoversi, produrre, ma anche innovare. Nel libro dedicate un bel capitolo all’innovazione su due ruote… La bicicletta ha due secoli, ha resistito al motore e si avvia sicura anche nell’era degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale…
Ho incontrato telaisti storici . che hanno segnato la storia del ciclismo eroico, quando i telaisti italiani erano i veri innovatori – e rimangono fedeli all’acciaio. Ma sappiamo che ci sono nuovi materiali, dal carbonio al legno artificiale al grafene, che sfidano la leggerezza e la resistenza. In Italia si sta sperimentando sui nuovi materiali ancora più che altrove la bici del futuro. Per due secoli ci sono state innovazioni incrementali, ma la bicicletta è rimasta sostanzialmente uguale: due pedali, due ruote, una sella e un manubrio. La vera innovazione di questi anni è la bicicletta elettrica e, da questo punto di vista, questo fa fare un salto di qualità: rimane una bicicletta, ma può essere usata in maniera diversa per superare i limiti.
Come sarà la bicicletta del futuro?
La “nuova” bicicletta apre il mercato a dei pubblici che, finora, erano esclusi (basti pensare alla terza età), senza contare il fatto che davvero si stanno sperimentando delle cose nuove anche a livello di intelligenza artificiale e di algoritmi, che vengono connessi alla bicicletta ( dal semplice GPS, a innovazioni visionarie come il cambio automatico o le sospensioni elettroniche che leggono il terreno, l’ABS)… La visione prossima ventura della bicicletta è quella di una bici che va da sola, a guida autonoma.
Aggiustare cose e persone: chiudiamo sul grande valore etico e sociale della bike economy?
La bicicletta è un mezzo inclusivo: tutti sanno andare in bicicletta. Ma è inclusivo anche perché è semplice, costa poco e ha connesso un grande valore sociale. Parlo di grande valore sociale perché in bicicletta difficilmente si va da soli ed è fonte di connessione. Inoltre, nella storia, è stato strumento di liberazione: pensiamo al ruolo che ha avuto nella Resistenza o per le donne, che grazie alla bicicletta hanno avuto un primo strumento di mobilità indipendente, ma anche al valore che ha assunto per la classe operaia. Da sempre la bicicletta è stata una grande palestra per quello che oggi si chiama il making, un aggiustare e conservare. Oggi, che parliamo di economia circolare, il saper aggiustare, recuperare e rimettere in circolo è fondamentale.
Pensiamo alle ciclofficine urbane che lavorano sul recupero dei materiali e dei pezzi. Ma pensiamo anche al ruolo che la bicicletta nel recupero delle persone, perché saper aggiustare e riparare manualmente può diventare uno strumento per avere una disciplina e costruirsi un futuro. Nel nostro viaggio abbiamo trovato un’associazione che lavora con i clochard e insegna loro un mestiere: sono ragazzi di 20, 25 anni che fanno seriamente questo lavoro e hanno creato una ciclo officina vicino al Beccaria, il carcere minorile Milano…
La bicicletta diventa uno strumento di recupero anche dal punto di vista umano, non solo economico. Da qualsiasi parte la si guardi – salute, economia, persone – la bicicletta diventa sempre una parte della soluzione e mai una parte del problema. di Marco Dotti
Fonte: www.vita.it

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