In Aula ad assistere alla votazione finale sul Ddl “Dopo di noi” anche tanti familiari con figli con disabilità grave. Tra i commenti a caldo tanto entusiasmo, ma anche la voglia di concretezza. “L’importante era cominciare…”
ROMA – Il ddl “Dopo di noi” ha avuto il primo ok dalla Camera dei Deputati. Il provvedimento, che si rivolge ai disabili gravi privi di assistenza familiare, ha visto il voto favorevole di tutte le forze politiche, esclusa quella del Movimento 5 Stelle. Presenti in Aula ad ascoltare le dichiarazioni di voto e ad assistere alla votazione finale anche tanti familiari che in prima persona vivono con figli o nipoti con disabilità grave. Tanta l’emozione, ma anche tanta voglia di andare al concreto.
“Ho la percezione che sia un buon inizio – spiega Marcello Geraldi, genitore ma anche Presidente della Consulta sulla disabilità del Municipio XIII di Roma – e da padre mi auguro che valga anche “durante noi”. Mio figlio non è in grado di decidere da solo. L’auspicio è che sia adeguatamente supportato”. “Felicissimo, contento è poco – aggiunge Filato Giuseppe, amministratore di sostegno di suo nipote – e vorrei abbracciare Ileana Argentin perché sul “dopo di noi” personalemnte mi sto dando tanto da fare. Per mio nipote stiamo pensando ad un progetto di Casa Famiglia. Stiamo procedendo a prove di inserimento. Mio nipote ha 35 anni e i suoi genitori sono troppo anziani per sostenerlo ancora: 80 anni il padre, 75 la madre. L’importante era cominciare”.
“Mio fratello è un disabile grave, ma – spiega Bruno Sorce – comprende quello che succede. Ha un badante, i miei genitori non ci sono più. Io gli sono vicino, ma sono solo. Questa legge mi può aiutare. Avrei bisogno di una casa “protetta” e rifiuto l’idea dell’istituzionalizzazione ovviamente”. “Valerio in una casa famiglia non ce lo vedo. Valerio – spiega invece la famiglia Ronci – deve essere assistito nella sua autonomia. La legge non sarà risolutiva, ma ho sostenuto la proposta. Oggi Valerio è ospitato al Don Guanella, ma questa legge ci permette di sperare in qualcosa di più. L’istituzionalizzazione non esiste e anche il privato non va demonizzato. Il pubblico non può fare tutto e il privato, purchè ben controllato e indirizzato, può essere d’aiuto. Il punto è il controllo. Le contrarietà sentite in Aula non ci appartengono. Se ci fosse la possibilità di lasciarlo a casa non sarei contrario peraltro, ma anche qui ci vuole concretezza e controllo. I genitori vanno coinvolti e il progetto personalizzato. Ma la necessità immediata quando si risolve?”.
Domande e speranze che trovano rifugio nella proposta approvata oggi alla Camera il cui scopo è non solo quello di attivare programmi di intervento personalizzato volti a favorire la deistituzionalizzazione nel senso di supportare la domiciliarità in residenze o gruppi appartamento, ma anche affrontare le emergenze e realizzare interventi innovati di residenzialità con strutture alloggiative di tipo familiare, coniugando l’avvio di “programmi di accrescimento della consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile delle persone”. L’agevolazione di “trust” poi, strumento previsto all’art. 6, permette alle famiglie trasferimenti di beni e vincoli di donazione, esenti da tassazione laddove il trust persegua come finalità esclusiva la cura e l’assistenza della persona per cui è istituito. Nell’atto istitutivo infatti deve essere indicato non solo il beneficiario, ma anche la funzionalità e i bisogni specifici dello stesso, le sue attività assitenziali e quelle utili a “ridurre il rischio di istituzionalizzazione”. Durata e persona indicata per controllare l’effettiva applicazione del trust sono altri elementi obbligatroi da indicare.
Fonte: www.redattoresociale.it