Il terzo settore chiamato a riorganizzarsi con la riforma

Il direttore generale del terzo settore Lombardi interviene a Roma per il progetto Capacit’Azione e rilancia le sfide della normativa, in vista della scadenza per la revisione degli statuti. Chiarisce anche temi poco dibattuti, come l’apertura agli “altri enti di carattere privato”.
“La riforma del terzo settore deve essere un’opportunità da cogliere, non solo una serie di provvedimenti da seguire. È un’occasione per ripensare a qual è il modo migliore per raggiungere i propri obiettivi e riconsiderare le attività rispetto a quelle di interesse generale, alla forma organizzativa, alle modalità di funzionamento”. Non si sbilancia sul futuro Alessandro Lombardi, direttore generale terzo settore e responsabilità sociale di impresa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, intervenuto ieri 19 febbraio al primo incontro a Roma del progetto Capacit’Azione, ma chiarisce alcuni aspetti di merito della riforma. Il riferimento implicito è alla revisione degli statuti in scadenza il prossimo 3 agosto, una fase delicata da affrontare per tutti gli enti di terzo settore (Ets), la cui procedura è stata spiegata con una circolare uscita tra Natale e Capodanno dello scorso anno. Quello di Lombardi è stato un lungo excursus sui temi più significativi del nuovo impianto normativo, dall’importanza dei controlli “calibrati in base alle dimensioni dell’ente”, al registro unico nazionale del terzo settore, dal rapporto con la pubblica amministrazione alle risorse economiche destinate agli Ets. In occasione dell’incontro romano di Capacit’Azione, il primo programma di formazione nazionale sulla riforma del terzo settore, Lombardi chiarisce inoltre a chi si riferisce il legislatore nell’art. 4 del codice del terzo settore quando parla di “altri enti di carattere privato diversi dalle società” che abbiano le caratteristiche generali degli Ets. “Questa sezione è destinata al bacino residuale degli enti ma è anche un’assicurazione sul futuro per accogliere le nuove forme organizzative che potranno nascere in futuro. Il legislatore qui ha un chiaro senso del proprio limite e lascia una pagina bianca che potrà essere riempita dal contesto sociale di riferimento”.

Ad ascoltare Lombardi, un’attenta platea di oltre 140 operatori del terzo settore e futuri esperti della riforma, chiamati a diventare a loro volta formatori sulla nuova normativa. Il progetto, promosso dal Forum Terzo settore Lazio in collaborazione con CSVnet, Forum Nazionale del Terzo settore e un’ampia rete di partner ha infatti l’obiettivo di formare 1300 esperti italiani sulla riforma del terzo settore. Significativa la presenza di oltre 40 referenti della pubblica amministrazione – in particolare dai distretti socio-sanitari – oltre che di operatori della cooperazione e delle associazioni.

“Si tratta di un progetto molto ambizioso – ha spiegato Francesca Danese, portavoce del Forum Terzo Settore Lazio – perché è con le competenze che si può fare davvero politica. La normativa riconosce il valore della co-programmazione, co-progettazione e accreditamento e per questo motivo abbiamo bisogno di funzionari e referenti della pubblica amministrazione preparati alle nuove sfide. Nel Lazio abbiamo lavorato molto per coinvolgerli nelle attività di formazione di Capacit’Azione. A questo tema, infatti, è stato dedicato un apposito modulo formativo”. A livello nazionale, il progetto prevede oltre 200 moduli in tutto il territorio per 8 aree tematiche. L’obiettivo è di offrire una chiave di lettura comune sull’insieme degli atti legislativi che riorganizzano il funzionamento e la struttura delle principali espressioni dell’impegno sociale senza scopo di lucro.
“Abbiamo bisogno di nuove visioni per affrontare i cambiamenti di una società che muta velocemente, tra innovazione tecnologica, modelli occupazionali differenti, nuove diseguaglianze  – ha spiegato Claudia Fiaschi, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore. La riforma offre molte risposte a queste domande e riconosce il ruolo delle nuove forme di coesione sociale. Mancano ancora alcuni aspetti importanti, tra cui il completamento dei provvedimenti attuativi e l’attivazione di percorsi di armonizzazione normativa su alcuni settori come lo sport e l’agricoltura sociale, l’impresa culturale e la cooperazione allo sviluppo”.
E se alcuni pezzi della riforma sono in stallo, in attesa soprattutto dell’attivazione del registro unico nazionale del terzo settore, il sistema dei centri di servizio per il volontariato (Csv) è in piena fase di riorganizzazione. È già iniziata, infatti, la procedura di accreditamento per i Csv, un sistema largamente riconosciuto dalla nuova normativa, che gli affida nuovi compiti e responsabilità. “Tutto il territorio italiano ha un proprio centro di servizio di riferimento – ha ribadito Stefano Tabò, presidente di CSVnet – ma oggi con un riferimento legislativo uguale in tutto il territorio. Si tratta di un percorso impegnativo perché i Csv sono gli enti di terzo settore con più obblighi normativi. La riforma ci chiede di superare le divergenze tra modelli territoriali e di valorizzare sinergie e buone prassi. È una scommessa da vincere: dopo 20 anni di storia dei Csv, non bisogna cambia re ma evolvere e andare avanti insieme”.

Partner del progetto Capacit’Azione, Anpas, Anteas, Arci, Auser e CdO-Opere sociali insieme ai collaboratori di sistema Acli, Anci Lazio, Anffas, Pro Bono Italia, Coordinamento periferie, Legambiente, Leganet e Legautonomie. Capacit’Azione è realizzato con i fondi del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in seguito all’Avviso per il finanziamento di iniziative e progetti di rilevanza nazionale ai sensi dell’articolo 72 del Codice del terzo settore (decreto legislativo 117/2017). di Lara Esposito

 

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