Imputati in "messa alla prova" da assicurare: l’obbligo Inail agita il volontariato

L’assicurazione anti infortuni sarà rimborsata grazie a un fondo presso il ministero del Lavoro e spetterà anche alle associazioni che accolgono persone per lavori di pubblica utilità sostitutivi alla pena. I Csv: “Molte non più disponibili, si rischia di bloccare un sistema virtuoso”.
ROMA – Anche le persone ammesse alla sospensione del processo penale con “messa alla prova” – prevista dalla legge 67/2014 per reati di minor allarme sociale puniti con pena non superiore a 4 anni o con la sola pena edittale pecuniaria – devono avere la copertura assicurativa dell’Inail. E tale obbligo viene esteso anche ai condannati per guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di sostanze stupefacenti, nonché ai tossicodipendenti condannati per un reato di “lieve entità” in materia di stupefacenti.
In compenso, gli enti (pubblici ma soprattutto del non profit) che accoglieranno queste persone per lo svolgimento di lavori di pubblica utilità (Lpu) non retribuiti e sostitutivi della pena sono esonerati dalla spesa per l’assicurazione grazie all’incremento di un fondo istituito presso il ministero del Lavoro. Un fondo che fino ad oggi era previsto solo per i beneficiari di forme di sostegno al reddito, per i detenuti e gli internati, e per i migranti richiedenti asilo impegnati in progetti di utilità sociale.
Lo ha comunicato oggi lo stesso Inail, evidenziando come la novità sia prevista nella legge di Bilancio 2017, che ha appunto portato da 5 a 8 milioni il fondo in questione.
Il provvedimento interviene su una vicenda che negli ultimi mesi ha agitato molto, in particolare, le associazioni di volontariato. Sono infatti queste che, in accordo con gli Uepe territoriali (uffici per l’esecuzione penale esterna), gestiscono progetti con migliaia di persone in messa alla prova, e che finora si sono dotate solo delle normali forme di assicurazione privata previste per le attività di volontariato, quasi mai stipulando la copertura assicurativa con l’Inail.
Nel novembre 2016 era però scoppiato il caso Genova, dove un’associazione di volontariato è stata multata per la mancata assicurazione Inail di un soggetto in messa alla prova, venendo così equiparata di fatto a un datore di lavoro vero e proprio. Il verbale aveva destato grande preoccupazione in tutta Italia, dopo che il Celivo (Centro servizi per il volontariato di Genova) aveva scelto di renderlo pubblico: l’interpretazione dell’Inail, afferma il Celivo, era infatti contraria a quella espressa pochi mesi prima da un tavolo di lavoro composto dal tribunale di Genova, dall’Ordine degli avvocati e dall’Uepe, che “equiparava l’attività del soggetto in messa alla prova all’attività volontaria e quindi giudicava sufficiente la normale assicurazione privata posta in essere nelle associazioni”.
Cosa cambia dunque con la novità prevista nella legge di Bilancio? “L’incremento del fondo – risponde Simona Tartarini, direttrice del Celivo – è da apprezzare, ma risolve solo l’aspetto economico della copertura assicurativa, che non è quello fondamentale. Il vero problema è che le associazioni, in maggioranza piccole, senza dipendenti e senza un apparato amministrativo adeguato, stipulando per legge l’assicurazione Inail diventano soggette alle mille responsabilità previste dalle norme sulla sicurezza sul lavoro e non sono in grado di gestire un processo del genere”.
L’obbligo di copertura Inail, secondo Tartarini e altri colleghi di CSV di altre regioni dove starebbero per essere emesse altre multe, “renderà d’ora in avanti molto difficile il coinvolgimento delle associazioni. Quasi tutte quelle genovesi, infatti, hanno già deciso di sospendere ogni disponibilità ad accogliere persone in messa alla prova. E per queste ultime l’alternativa sarà il processo e forse il carcere”.
Tartarini segnala infine “il paradosso della legge di Bilancio, che ha esteso l’obbligo Inail anche ai reati legati al codice della strada, investendo un settore che fino ad oggi non si era mai posto il problema. Si rischia di bloccare un intero sistema virtuoso attraverso il quale migliaia di persone riescono ad evitare il carcere per piccoli reati e svolgere attività di volontariato che in molti casi diventano determinanti per la loro crescita umana”.
“Il problema – conclude Tartarini – è nell’adattamento della normativa, per questo sarebbe necessario che si avviasse fin da subito un tavolo con i ministeri della Giustizia e del Lavoro, a cui dovrebbe ovviamente partecipare l’Inail, di cui va comunque riconosciuto l’impegno sulle tematiche del welfare, e i Centri di servizio, che in tutta Italia stanno assistendo le organizzazioni di volontariato su questi percorsi di giustizia ripartiva”.
Fonte Redattore Sociale

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