In Italia l’ascensore sociale è guasto

In Italia l’ascensore sociale è guasto

 

La fotografia di Demopolis scattata per Oxfam ritrae un Paese in cui otto giovani su dieci avvertono con forza la disuguaglianza intergenerazionale. Per il 66%, chi studia o inizia a lavorare occuperà una posizione peggiore della precedente generazione

“L’ascensore sociale” in Italia è fuori uso da qualche anno. A fare i conti con la scarsa mobilità generazionale dei redditi e quella occupazionale nel nostro Paese, al di sotto delle medie OCSE, sono tanti giovani under 35 con lavori intermittenti e dequalificati rispetto al percorso di formazione intrapreso e al titolo di studi conseguito. Una generazione incerta sul proprio futuro. La loro percezione rappresenta un rischio per la tenuta sociale e un segnale alle istituzioni circa la necessità di ripensare le politiche socio-economiche in chiave di maggiore equità ed inclusione.

Disuguaglianza intergenerazionale
I giovani italiani e le disuguaglianze
l’indagine condotta dall’Istituto Demopolis per Oxfam Italia, misura un pessimismo delle nuove generazioni di peso crescente. 8 su 10 rilevano oggi un’accentuata disuguaglianza intergenerazionale in Italia: per il 66% degli intervistati, analizzando il contesto in termini generali, chi oggi studia o inizia a lavorare prospetta per sé un tenore di vita e una posizione sociale ed economica peggiori rispetto alla precedente generazione. Un quarto immagina una permanenza di status e opportunità simili a quelle della generazione dei propri genitori e solo il 9% ipotizza condizioni migliori.

«Sono diversi gli ambiti nei quali i giovani si ritengono penalizzati», spiega il direttore di Demopolis Pietro Vento, «il 78% indica, al primo posto, la precarietà del lavoro con le minori tutele contrattuali; il 75% l’incertezza sul futuro, la convinzione di non poter contare in prospettiva sulle stesse certezze delle quali ha goduto la generazione dei propri genitori. 7 su 10, inoltre, lamentano la dimensione penalizzante di retribuzioni basse o inadeguate e il 67% individua inique prospettive previdenziali e di accesso alla pensione».

Essere giovani in Italia: una discriminante a sé

 

«Sono 3 milioni in Italia i giovani tra i 18 e i 34 anni che non studiano e hanno assunto un atteggiamento rinunciatario rispetto alle prospettive di lavoro ed apprendimento. Un dato allarmante, quello della generazione NEET, tra le più ampie nell’Unione Europea. A costoro si aggiungono i milioni di giovani che un lavoro ce l’hanno, ma con retribuzioni ridotte, disciplinato da formule contrattuali lontane dal lavoro standard», dice Elisa Bacciotti, direttrice del dipartimento Campagne di Oxfam Italia, «Siamo di fronte a un’intera generazione costretta a vivere al presente, su posizioni di difesa o di adattamento. L’azione istituzionale deve fare in modo che nel “conflitto distributivo” essere giovani cessi di essere oggi una discriminante a sé che pesa talora più dei tradizionali fattori di genere e provenienza geografica».

Le dinamiche ostili dell’attuale mercato occupazionale sono aggravate da un marcato disorientamento dei giovani. 4 su 10 ritengono di non possedere oggi le informazioni sul mercato del lavoro necessarie per le scelte professionali o lavorative da assumere. Inoltre, Il 61% dei giovani intervistati da Demopolis dichiara di non aver avuto, durante i momenti fondamentali del proprio percorso formativo, un orientamento chiaro e informazioni sufficienti per compiere una scelta consapevole tra studio e lavoro.

Anche in questo, risiedono i limiti e le occasioni di rilancio possibili per la scuola pubblica. Il limite è che per il 58% dei giovani la scuola pubblica garantisce solo in parte e con livelli di qualità differenti l’uguaglianza di opportunità. Per 3 intervistati su 10 non vi riesce affatto.

«Assicurare adeguati finanziamenti alla scuola pubblica per sostenere l’accesso a un’istruzione di qualità che favorisca l’uguaglianza di opportunità, è un obiettivo condiviso che le istituzioni nazionali devono perseguire con decisione», prosegue Bacciotti, «Non è ovviamente la scuola l’unico ambito su cui intervenire: per chi proviene da contesti più agiati o appartiene a specifici network sociali si determinano nella vita vantaggi slegati da abilità e meriti. Vere e proprie rendite che incidono, a parità di livello di istruzione, sulle future condizioni socio-economiche dei giovani e sono annoverate, secondo recenti autorevoli studi, tra i fattori di trasmissione intergenerazionale della disuguaglianza».

Disuguaglianza in aumento negli ultimi 5 anni
Passando dalla mancanza di uguaglianza delle opportunità alla disuguaglianza dei risultati economici ovvero agli squilibri nella distribuzione dei redditi in Italia, il 72% dei giovani italiani ritiene che, negli ultimi 5 anni, le disuguaglianze nel nostro Paese siano aumentate. Tra gli ambiti in cui i giovani registrano la manifestazione delle disparità più forti spiccano, oltre alla distribuzione del reddito (82%), le opportunità di accesso al mercato del lavoro (70%) e le differenti opportunità tra le aree del Paese (65%). In questo scenario, 2 giovani su 3 vorrebbero che le politiche mirate a ridurre le disuguaglianze divenissero prioritarie nell’agenda di Governo.

Sono diverse le misure volte a contrastare la disuguaglianza che emergono dalla ricerca Oxfam-Demopolis: oltre il 70% dei giovani italiani chiede maggiore attenzione nella lotta all’evasione fiscale e nel contrasto alla corruzione. La maggioranza assoluta auspica inoltre politiche attive del lavoro e di orientamento più efficienti in seno al mondo scolastico, ma anche il salario minimo orario e maggiori tutele contrattuali.

La disuguaglianza: un fenomeno globale
Oggi, infine, due terzi dei giovani intervistati mostrano consapevolezza della dimensione globale della disuguaglianza. Un fenomeno la cui crescita riguarda tanto le economie avanzate quanto i contesti più vulnerabili dei Paesi in via di sviluppo. In quest’ottica, secondo l’indagine Oxfam-Demopolis, l’83% dei giovani condivide esplicitamente l’impegno italiano sull’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile per promuovere – di concerto con l’UE, l’OCSE e l’ONU – politiche condivise per ridurre le disuguaglianze all’interno e fra i Paesi.

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