La riforma del Terzo settore ed i controlli

La riforma del Terzo settore ed i controlli

In attesa delle norme attuative della riforma, resta intanto assodato che gli enti del Terzo Settore dovranno essere assoggettati ad un regime di controllo simile a quello adottato per le società di capitali. Vediamo quali sono ad oggi gli obblighi con un esperto

In attesa delle norme attuative della riforma, resta intanto assodato che gli enti del Terzo Settore dovranno essere assoggettati ad un regime di controllo simile a quello adottato per le società di capitali.

Anche gli Enti di piccole dimensioni dovranno dotarsi di un organo di controllo e se poi verrà superato l’importo di 1.000.000 di euro di ricavi, dovranno avere un bilancio revisionato.

Le società di capitali, Ivi comprese le società cooperative, sono soggette a diversi tipi di controlli. Il codice civile stabilisce più puntualmente le società interessate.

La legislazione ordinaria ha via via aggiunto controlli ulteriori per alcune attività: chi opera nel settore del credito ad esempio, come le banche, è soggetto a controlli specifici svolti dalla Banca d’Italia; le Cooperative sono oggetto di ulteriori controlli da parte del Ministero che, nel caso, li demanda alle organizzazioni di categoria; etc.

Vediamo quali sono i controlli demandati al Collegio Sindacale e al Revisore legale dei conti (o società di revisione).

Il collegio sindacale ha il compito di vigilare sull’osservanza delle leggi e dello Statuto e, a tal fine, è tenuto a presenziare alle riunioni del Consiglio di Amministrazione. Deve riunirsi ogni tre mesi e svolgere, anche con altri incontri, indagini su vari aspetti delle attività e dell’organizzazione aziendale quali ad esempio i rapporti di lavoro, l’adozione dei piani per la sicurezza, i contratti con i consulenti, le procedure per gli acquisti etc. Deve anche accertare che l’organizzazione dell’azienda sia adeguata rispetto alla dimensione e agli scopi sociali. Anche per questa ragione si è previsto un organo collegiale i cui membri abbiano competenze diverse.

Sia il Collegio che i Revisori, devono tenere una documentazione precisa del loro lavoro. L’Ordine dei Commercialisti ha prodotto un documento che riepiloga la metodologia cui deve attenersi il Revisore con modelli di schede che servono da guida per l’attività di revisione.

Dal 1998 si è introdotto l’obbligo della revisione contabile, ora revisione legale, distinguendo tale compito da quelli attribuiti al collegio sindacale.

Questo secondo tipo di controllo riguarda l’amministrazione dell’azienda e consiste in sintesi nella verifica che i costi sostenuti siano effettivamente attinenti all’attività aziendale e che i ricavi siano legittimi e derivino dal perseguimento dello scopo sociale.

Occorre anche verificare che siano stati rispettati i principi contabili. Tali principi vengono aggiornati nel tempo e definiscono come devono essere classificati i movimenti contabili e in particolare le poste patrimoniali. Si può affermare che tutte le poste di bilancio sono definite in maniera oggettiva non lasciando spazio alla soggettività.

Anche le verifiche che il Revisore dei conti deve attuare si basano su una precisa metodologia che è riconosciuta a livello internazionale: in tal modo il revisore nel suo lavoro non ha margini di autonomia.

Nell’eventualità che i membri del Collegio Sindacale siano tutti iscritti nel Registro dei Revisori, ossia siano Revisori, al Collegio può essere affidato anche il controllo legale dei conti.

Più recentemente per ridurre i costi delle imprese alcune tipologie di società possono avere, in luogo di un collegio sindacale, un Sindaco unico, cioè un organo monocratico cui, se iscritto nel registro dei revisori, può essere demandato anche il controllo legale. Lo statuto però, lo deve esplicitamente prevedere.

Già la legge 460/97 imponeva alle Onlus con ricavi sopra il milione di euro la revisione del bilancio e il documento dell’ordine dei commercialisti sui controlli per le Onlus già definiva gli ambiti in cui occorreva dotarsi di un Collegio Sindacale.

La riforma non fa che rendere obbligatori questi controlli anche per gli enti del Terzo settore di piccole dimensioni. Del resto occorre considerare che le associazioni vivono con donazioni private e spesso con contributi pubblici e ben si comprende la necessità di assicurare un regime di controlli più severi.

Oltre che per il bilancio di esercizio, vi sono altre attività per le quali viene richiesta la revisione.

Molte attività degli Enti del Terzo Settore anche di piccola entità vengono realizzate con contributi pubblici. Per riceverli è sempre più necessario che un Revisore attesti che quei contributi siano stati effettivamente impiegati per il progetto cui sono stati destinati e che le spese siano state sostenute secondo le modalità convenute con l’ente finanziatore o cofinanziatore.

L’Unione Europea, ad esempio, richiede questo tipo di controllo. Anche in questo caso la procedura che il Revisore deve seguire è in gran parte predefinita. Al Revisore sono trasmessi dei termini di riferimento sulla cui base dovrà redigere la sua relazione. Nei termini di riferimento si precisano, ad esempio, la quantità di documenti da verificare, si chiede di controllare i pagamenti, di accertare il corretto svolgimento di eventuali gare di appalto e anche se nel sistema contabile adottato le spese siano state correttamente classificate.

All’inizio, negli anni 60 e 70 questi controlli li eseguiva direttamente l’ente erogatore. Con il tempo si è preferito demandarli direttamente al beneficiario, dandone incarico ad un Revisore o ad una Società di Revisione.

Vi sono poi altri controlli ai quali gli Enti del Terzo Settore possono sottoporsi quali ad esempio la nomina di un Organismo di Vigilanza per adeguarsi alla legge 231/07 sulle responsabilità penali degli amministratori, la certificazione delle donazioni, l’ISO 9000 per la qualità etc.

 

 

 

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