I poteri non sono invisibili. Lo sono se nascondi la faccia dentro la sabbia. O se continui a firmare deleghe in bianco, a fare generalizzazioni, a vivere di luoghi comuni. “I poteri invisibili” di cui ha parlato venerdì scorso don Marcello Cozzi, vicepresidente nazionale di “Libera”, ospite d’onore alla facoltà di giurisprudenza dell’Università Magna Grecia di Catanzaro, non sono dunque invincibili, ma senza un’adeguata conoscenza delle cose, uno scatto d’orgoglio e di ribellione, nella ricerca disperata della libertà, lo diventano di certo.
Del resto, don Cozzi ha scritto un libro – che racchiude un po’ tutte le vicende giudiziarie che hanno interessato la sua regione, la Basilicata- per dare sfogo al proprio senso di stanchezza che tra le pagine diventa rabbia, reazione, impegno. Le alleanze dell’ndrangheta con il clan lucano dei Basilischi, la tempesta giudiziaria “Toghe lucane” che ha sconvolto i media, l’omicidio di Elisa Claps, il “Total gate” che ruota attorno al più grande giacimento petrolifero sulla terraferma esistente in Europa, e che per chissà quali misteriosi ingranaggi non ha di certo contribuito ad arricchire la Basilicata, anzi, sono contenuti tutti in un volume che, a detta dell’autore, vuole farsi strumento di conoscenza per aprire gli occhi sui poteri occulti. Nessun riferimento alla legalità, al primo posto dell’elenco delle parole abusate che ormai generano in chi le ascolta tanta stanchezza: prima di lui Antonio Viscomi, professore di diritto del lavoro, aveva infatti parlato di responsabilità in sostituzione della semplice legalità praticata così poco, proprio nel senso di farsi carico dell’altro per riscoprire il senso di appartenenza alla comunità. Comunità, e quindi complicità, intesa invece come identità forte che è capace di distinguere e di differenziare, alle quali si collega la tracciabilità, ovvero la trasparenza di atti e protagonisti della Pubblica Amministrazione, sono le naturali premesse alla responsabilità, vero motore di cambiamento.
Smettere di lamentarsi, di confondere gli uomini delle istituzioni con le istituzioni stesse, ed iniziare ad affrontare le problematiche con sguardo sicuro e spalle dritte, che solo la libertà mentale alimentata dalla conoscenza permette, è ciò che, secondo il prefetto di Catanzaro Luisa Latella, meglio di ogni altro intervento (lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose, per esempio), svela le trame sotterranee di un Paese intero e si adopera per annientarle. Al preside della facoltà di giurisprudenza, Luigi Ventura, è invece spettato esaminare il ruolo di una magistratura che, pur con i dovuti distinguo, l’inchiesta “Toghe lucane” ha rivelato corruttibile, e che porta ad interrogarsi sulle possibilità di accesso ad una professione alquanto delicata che solo in Italia avviene per superamento di concorso.
Intanto, il 21marzo – giorno scelto dall’associazione “Libera” per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie – si avvicina, ed uno dei cento passi che in tutta Italia la società civile percorre verso la conoscenza e la libertà, come ha ricordato la coordinatrice locale di Libera, Donatella Monteverdi, è stato compiuto a Catanzaro, in quello che dovrebbe essere il luogo deputato alla conoscenza, alla presenza di numerosissimi studenti e di rappresentanti del mondo ecclesiale ed istituzionale.
Ufficio stampa CSV Catanzaro