Non profit e attività commerciali: rischio Ires con la nuova nozione
Le singole aree di azione dell’ente vanno analizzate sul rapporto fra ricavi e costi DOPO LA RIFORMA Attività degli enti non profit all’esame di commercialità. In vista dell’iscrizione al futuro Registro unico del Terzo settore, le organizzazioni sono chiamate a confrontarsi già da ora con il nuovo paradigma della commercialità degli Ets contenuto nell’articolo del Codice del terzo settore (Dlgs /). Dall’anno successivo all’operatività del Registro e all’ottenimento dell’autorizzazione della Commissione europea – probabilmente dal – gli enti del Terzo settore dovranno imparare a misurarsi con le nuove regole sulla commercialità che interessano il solo profilo Ires, perché la riforma non ha toccato la disciplina dell’Iva. L’analisi per settore Due sono gli indici riportati nell’articolo del Codice. Il primo riguarda la qualificazione fiscale di ogni singolo settore di attività di interesse generale dei riportati all’articolo del Dlgs /. Il singolo settore, si pensi all’attività sanitaria, a quella ambientale e così via, ognuna distintamente considerata, si qualifica commerciale se le entrate complessive incassate per corrispettivo, includendovi gli apporti economici da parte degli enti pubblici, superano i costi effettivi del settore. Questo indicatore è pertanto di particolare importanza, perché fa scoprire all’ente se deve pagare l’Ires sulle attività di quello specifico settore. Per questa ragione, fin d’ora sarebbe opportuno che gli enti iniziassero a effettuare simulazioni sui loro settori di attività, in modo da non ritrovarsi in difficoltà quando entrerà in vigore la norma.
A oggi manca ancora una pronuncia dell’agenzia delle Entrate. Per ora viene in soccorso la relazione illustrativa del Codice che ha definito i costi effettivi come la somma dei costi diretti e indiretti del settore di attività.
Appare quindi fondamentale che l’ente, ancor prima di calcolare l’indice, identifichi per ogni singolo settore le entrate e i proventi, oltre ai costi. Senza una congrua allocazione di entrambe le poste, l’indicatore non può essere utilizzato e pertanto l’amministrazione dell’ente non può sapere se una o più delle proprie attività assumeranno natura commerciale secondo le nuove regole. La natura dell’ente Il secondo indicatore riguarda la natura complessiva dell’ente. L’Ets è commerciale quando i proventi delle attività di interesse generale svolte in modalità commerciale come definita dal precedente indice, sommati ai ricavi da attività diverse – sempre commerciali – al netto delle sponsorizzazioni, sono superiori alle entrate di natura non commerciale (sovvenzioni, quote associative) inclusi sia i fondi da raccolte pubbliche di fondi occasionali sia i contributi e gli apporti erogati dalle amministrazioni pubbliche, anche in convenzione.
Alle entrate di natura non commerciale vanno aggiunti il valore normale delle cessioni o prestazioni relative alle attività svolte con modalità non commerciali.
Dalle prime simulazioni effettuate su casi concreti, appaiono critiche le situazioni degli enti che hanno entrate di gran lunga prevalenti da enti pubblici per l’esercizio in convenzione delle attività e grazie alle quali registrano un utile.
La perdita della non commercialità dell’ente – che non mette comunque a rischio la qualifica di ente del Terzo settore se sono rispettati i principi dell’articolo – opera a partire dallo stesso periodo d’imposta in cui l’ente assume natura commerciale.
Gli enti non commerciali che non si qualificheranno come enti del Terzo settore, in relazione alla qualifica della commercialità complessiva, continueranno ad applicare i principi dell’articolo del Tuir.
© RIPRODUZIONE RISERVATA IL PERIMETRO DI COMMERCIALITÀ 1. Attività non commerciali Si considerano non commerciali le attività di interesse generale svolte dagli enti del Terzo settore, anche accreditate o contrattualizzate o convenzionate con la Pa, svolte gratuitamente o con corrispettivi pari ai costi 2. Ricerca e raccolte fondi Sarà considerata non commerciale l’attività scientifica di particolare interesse sociale, purché tutti gli utili siano reinvestiti nell’attività di ricerca. Non rientrano nel reddito i proventi delle raccolte fondi ccasionali 3. Enti non commerciali Si considerano commerciali, fiscalmente, gli enti del Terzo settore per i quali i proventi delle attività di interesse generale svolte in forma di impresa e delle attività diverse superano nell’anno le entrate delle attività non commerciali