Nota sui contenuti e sulla decorrenza dell’obbligo di pubblicità previsto dall’art. 1, cc. 125 ss. della legge 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza).

 

Fonte: Sant’Anna – Scuola Universitaria Superiore Pisa

 
L’art. 1, cc. 125-129 della legge 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza)1
configura una serie di obblighi di pubblicità a carico di soggetti che intrattengono rapporti economici
con le pubbliche amministrazioni o altri soggetti pubblici.
Dal punto di vista soggettivo, i destinatari dell’obbligo sono:
a) le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno
cinque regioni individuate con decreto del Ministro dell’ambiente (art. 13, legge n. 349 del
1986);
b) le associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale (art. 137,
Codice del consumo, d.lgs. n. 206 del 2005);
c) le associazioni e le fondazioni, nonché tutti i soggetti che hanno assunto la qualifica di
Onlus (ai sensi del decreto legislativo n. 460 del 1997);
d) le imprese.
La disposizione prevede che tali soggetti pubblichino, nei propri siti o portali digitali (fatta
eccezione per le imprese: vedi oltre), le informazioni relative a «sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti
e comunque a vantaggi economici di qualunque genere», superiori a 10.000 Euro, ricevuti da:
a) pubbliche amministrazioni;
b) società controllate di diritto o di fatto direttamente o indirettamente da pubbliche
amministrazioni (ivi comprese quelle che emettono azioni quotate in mercati regolamentati
e le società da loro partecipate);
c) società in partecipazione pubblica;
d) soggetti di cui all’art. 2-bis, del decreto legislativo n. 33 del 2013 (Riordino della disciplina
riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da
parte delle pubbliche amministrazioni):
i. enti pubblici economici e agli ordini professionali;
ii. associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato comunque denominati, anche privi
di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività
sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi
nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei
1 La legge è stata approvata all’esito di un lungo iter parlamentare, iniziato con la presentazione del DDL di iniziativa
governativa il 3 aprile 2015 (C.3012) e conclusosi, dopo quattro letture parlamentari, il 2 agosto 2017. Pubblicata in G.U. n.
189 del 14 agosto 2017.
componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche
amministrazioni;
iii. associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica,
con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni
amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni
pubbliche o di gestione di servizi pubblici.
Le imprese, anziché nei siti o portali digitali, devono pubblicare gli importi dei vantaggi
economici pubblici ricevuti nei propri bilanci (e, segnatamente, nella nota integrativa del bilancio di
esercizio e nella nota integrativa dell’eventuale bilancio consolidato).
Qualora i soggetti beneficiari siano controllati di diritto o di fatto dalla stessa persona fisica o
giuridica ovvero dagli stessi gruppi di persone fisiche o giuridiche, devono essere altresì pubblicati i dati
consolidati di gruppo.
Appare evidente come la norma abbia una notevole ampiezza e miri a comprendere qualsiasi
forma di rapporto economico, quale che ne sia il fondamento, la finalità o la causa, esistente fra i
soggetti sopra rammentati. Si ritiene, attesa la ratio della norma e la formulazione dell’art. 1, c.127 della
legge n. 124 del 2017, che il limite dei diecimila euro non sia da commisurare a ciascun singolo importo,
bensì si riferisca al complesso degli importi corrisposti. Cosicché, l’obbligo di pubblicazione scatta
qualora la somma degli importi corrisposti, in qualsivoglia forma, dai soggetti di cui sopra, superi i
diecimila euro nell’anno di riferimento.
La pubblicità deve essere assicurata, con riferimento agli importi percepiti in ciascun anno,
entro il 28 febbraio dell’anno successivo.
Alcune questioni rilevanti riguardano la decorrenza dell’obbligo di pubblicazione. La
disposizione precisa che l’obbligo di pubblicità decorre dal 2018: pertanto, sono oggetto dell’obbligo gli
importi percepiti a decorrere dal 1 gennaio 2018, la cui pubblicità dovrà essere assicurata, nelle forme
prescritte, entro il 28 febbraio 2019.
Si è manifestato il dubbio che la norma possa riferirsi anche agli importi ricevuti all’anno 2017,
che dovrebbero essere così pubblicati entro il 28 febbraio 2018. Diversi argomenti militano contro tale
ricostruzione:
– in primo luogo, un decisivo argomento letterale. Il legislatore stabilisce espressamente che
l’obbligo di pubblicità decorre dal 2018 (art. 1, c. 125: «a decorrere dall’anno 2018»): una diversa
interpretazione, che confonde l’oggetto dell’obbligo (la pubblicità degli importi ricevuti) con
il termine fissato per il suo adempimento (28 febbraio di ogni anno), farebbe in realtà
retroagire l’obbligo di pubblicità all’anno 2017 (come peraltro originariamente stabilito nel
 
testo proposto dalla 10° Commissione permanente2), in violazione del basilare canone che
impone di preferire l’opzione interpretativa per la quale una disposizione non abbia effetti
retroattivi (art. 11 Preleggi);
– su un piano generale, la tutela dell’interesse, giuridicamente apprezzabile, dell’ente che riceve
gli importi, di decidere se profittarne o meno, non potendo escludersi che lo stesso moduli
la propria attività anche in ragione del regime di pubblicità previsto: ciò non sarebbe
possibile, allorché si ritenga che la disposizione – entrata in vigore il 28 agosto 2017 – abbia
effetti retroattivi a decorrere dal 1 gennaio 2017;
L’art.1, c. 125, terzo periodo, introduce una disposizione sanzionatoria in caso di mancato
assolvimento degli obblighi pubblicitari. In caso di mancata pubblicazione, i soggetti inadempienti sono
tenuti alla restituzione delle somme entro tre mesi dalla data di scadenza dell’obbligo (28 febbraio di
ciascun anno).
Sulla proporzionalità della sanzione rispetto all’obbligo ed alla sua ratio, nonché sull’indifferenza
per il tipo di rapporto sottostante (i.e., anche contrattuale), occorrerebbe svolgere una seria riflessione
con riferimento alla compatibilità di siffatta previsione sanzionatoria col quadro costituzionale.
 
Dott. Luca Gori
Area di ricerca – TESSERE
luca.gori@santannapisa.it

 

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