Più donazioni dalle aziende al Terzo settore

 

Più donazioni dalle aziende al Terzo settore

Il «corporate giving» triplica e punta sui progetti di filantropia trasformativa FRANCESCO RICCARDI

celgono progetti che possano determinare un cambiamento concreto, mobilitano sempre più i dipendenti e donano una quota maggiore del loro fatturato. Le imprese aumentano l’impegno per il bene comune attraverso le donazioni al Terzo settore, cresciute nel 2017 rispetto all’anno precedente sotto tutti i profili. Lo testimonia la ricerca “Business for the common good” svolta da Sda Bocconi – Innovation Lab, Università degli studi di Milano e Dynamo Academy su un campione di 94 imprese.

La filantropia aziendale in Italia vede infatti aumentare la massa delle elargizioni dallo 0,12 allo 0,32% del fatturato, oltre 190 milioni di euro nel campione esaminato, con un valore mediano di 200mila euro tra erogazioni di denaro e cessione gratuita di beni e servizi. Il corporate giving avviene sempre più in maniera diretta anziché passare da Fondazioni aziendali e risponde all’esigenza delle imprese di «fare maggiormente leva sulla riconoscibilità del

S brand aziendale e connettere più strettamente le scelte filantropiche con le strategie d’impresa». La scelta dei progetti da sostenere cade così in particolare verso quelli che possono determinare cambiamenti sistemici e coinvolgere una più ampia rete di stakeholder, di portatori d’interesse. La ricerca sottolinea infatti come le imprese siano ben decise a condividere le finalità con le organizzazioni supportate e a promuovere la partecipazione diretta dei manager alla realizzazione dei progetti per cogliere un duplice obiettivo: essere agente di una «filantropia trasformativa» e insieme migliorare la reputazione e il valore del brand aziendale.

A riprova che investimento nel bene comune e strategia aziendale sono sempre più connessi si registra l’aumento dell’impegno sul piano internazionale, sotto la spinta delle “case madri” multinazionali. Un’impresa su tre del campione esaminato, infatti, è coinvolta in progetti di filantropia internazionale (+47% rispetto al 2016) con – dopo il 30% riservato all’Europa – donazioni che si indirizzano in ordine decrescente verso l’Africa, l’Asia, il Nord America, il Sud America fino all’Oceania. Si tratta, in questo caso, soprattutto di piani di sviluppo economico e coesione sociale, prima voce che riceve il 16% del giving “internazionale”. Più in generale, invece, calano gli investimenti in cultura e sport, mentre cresce l’interesse per gli enti del Terzo settore dedicati ad assistenza sociale e protezione civile (dal 14 al 18% del giving totale) e il sostegno a quelli impegnati nell’assistenza sanitaria. Aumenta, infine, il tasso medio di partecipazione dei dipendenti alle attività di volontariato, che passa dal 31 al 36%, e cresce il numero mediano di ore di impegno svolte da 108 addirittura a 720, anche se il coinvolgimento dei lavoratori nella fase decisionale resta limitata. Questo anche perché si registra «la tendenza a una professionalizzazione del giving, con una crescente managerializzazione della filantropia corporate e il riporto diretto alle massime cariche aziendali, Ceo e direttore generale. Il successo e la sostenibilità delle iniziative filantropiche dipendono quindi sempre più dal sostegno e dalla partecipazione attiva della leadership aziendale», spiega Serena Porcari, Ceo di Dynamo Academy.

Difficile stabilire in che misura la spinta venga da una nuova coscienza e quanto invece dal marketing, è certo però il risultato finale: la responsabilità civica sta diventando un imperativo assoluto per le imprese.

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