Gli Empori sono negozi come gli altri, ma alla cassa invece di pagare si scalano punti da un monte mensile calcolato in base all’Isee. Boom negli ultimi tre anni: sono 60 e impegnano 2.000 volontari. Oggi il censimento presentato da Csvnet. Il caso dei due centri di Bologna.
MILANO – Scaffali con cibo e generi di prima necessità. Carrelli da riempire, come in un supermercato. Ma in cassa, invece che mettere mano al portafoglio, si paga scalando punti da un monte mensile calcolato sulla base del reddito Isee e i componenti del nucleo familiare.
Sono gli empori solidali, ormai 60 realtà in tutta Italia, una delle forme per contrastare la povertà alimentare in cui privato sociale, volontariato e comuni collaborano insieme. La rete dei Centri di servizio per il volontariato (Csvnet) li ha portati oggi all’Expo Gate, per dare voce agli oltre 2 mila volontari che stanno dietro le quinte e che rendono queste realtà possibili. L’evento s’intitola l’evento “Lotta allo spreco e contrasto alle nuove povertà. Il Volontariato porta le sue esperienze a Expo per rilanciare un patto di comunità”. In Italia gli empori solidali sono attivi dal 2008 (Roma e Prato sono i primi nati da una volontà delle Caritas diocesane) e dopo i primi anni di esistenza solitaria hanno assistito ad una crescita ampia negli ultimi tre anni, quando sono state registrate ben 25 nuove aperture. I 60 attualmente censiti sono distribuiti sul territorio regionale italiano in modo quasi omogeneo: 16 regioni ne hanno almeno uno: 9 al Sud, 23 al Centro e 27 al Nord. In particolare, la classifica è guidata dall’Emilia-Romagna con 14 empori; seguono Umbria e Toscana con 6; Lombardia con 5; Marche, Friuli Venezia Giulia con 4; Piemonte, Abruzzo, Puglia e Calabria con 3; Valle d’Aosta, Liguria, Veneto e Sicilia con 1. In totale i beneficiari di queste iniziative sono oggi circa 60.000, ma in questi primi 7 anni sono state aiutate altre migliaia di persone che ora sono uscite dal programma di aiuto o sono sostenute da altre realtà dei territori.
Tra gli ultimi nati, il 17 ottobre 2014, ci sono i due empori solidali di Bologna, i cui rappresentanti parteciperanno all’appuntamento milanese. Ad occuparsene è Volabo, il Centro Servizi per il Volontariato della provincia di Bologna, che si appoggia alla rete di welfare di comunità del progetto Case Zanardi. Ispirate ai “negozi Zanardi” istituiti nel 1914 dal primo sindaco socialista di Bologna – Francesco Zanardi – per dar da mangiare alla popolazione sfinita dalla guerra, le Case Zanardi costituiscono un progetto unico, incentrato sull’idea del riuso e del riciclo e della lotta agli sprechi. Gli empori solidali di Case Zanardi sono in via Abba e in via Capo di Lucca. Nascono per volontà del Comune di Bologna e oggi sopravvivono grazie alla cessione degli spazi e alla copertura delle utenze garantite dal Comune, oltre che dai contributi, in donazioni e in sostegno organizzativo, di tutti gli altri partner: Legacoop e il Forum del terzo settore in collaborazione con l’Istituzione per l’inclusione sociale Serra Zanetti. Al momento a fare la spesa nei due empori sono 67 famiglie, la maggioranza delle quali straniere. “Ora vogliamo arrivare a 100 – spiega Violetta Cantori, di Volabo – e consolidare il gruppo dei donatori”. Per festeggiare un anno di vita, gli empori di Case Zanardi chiameranno i cittadini bolognesi ad una donazione straordinaria di cibo e prodotti di prima necessità.
L’emporio di via Capo di Luca è aperto tre giorni alla settimana. Sorge vicino al deposito degli autobus, in una delle aree che più ha bisogno di un rilancio a Bologna. E questo è un modo per farlo: “Gli empori sono un melting pot non solo per gli utenti che li frequentano ma anche per chi fa volontariato”, racconta Cantori. E dal “semplice” servizio per i beni di prima necessità, ora gli empori si stanno aprendo anche a corsi di lingua e di avviamento al lavoro. Almeno una trentina sono i volontari che ruotano intorno alla realtà.
“Cerchiamo subito di aprire un dialogo, di guadagnare la fiducia di chi frequenta le struttura”, spiega la responsabile dei volontari del sabato, Francesca Romana Gabriele. Alla prima esperienza nel volontariato, Francesca dice di sentirsi “gratificata” dall’esperienza e di consigliere chi non ci ha mai provato a buttarsi. All’emporio ha incontrato storie di persone che perdono il lavoro e diventano povere d’improvviso, di donne straniere che faticano a comunicare. “Abbiamo visitato anche altri empori – racconta –. Certo, a Parma o Modena hanno dimensioni ben diverse. Ma la nostra speranza è arrivare a un livello del genere. La volontà c’è”. (lb)
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Redattore Sociale
17 settembre 2015