Cresce il benessere in Italia ma non la soddisfazione dei cittadini per la propria vita: è quanto emerge dal sesto Rapporto sul benessere equo e sostenibile presentato oggi dall’Istat.
L’indagine mette al centro la qualità della vita attraverso la valutazione di 130 indicatori articolati in 12 “domini”: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico Relazioni sociali.
Il 2017, anno di riferimento dell’indagine (in parte anche del 2016), segna un miglioramento per quasi il 40 per cento degli indicatori rispetto all’anno precedente ma è significativo il dato di quelli che peggiorano (31,8 per cento) che sale al 36,2 se si estende il confronto al 2010.
Cresce l’interesse per il settore dell’Innovazione ricerca e creatività, con l’ 86 per cento di variazioni positive, a cui si aggiungono quelli del benessere economico (80 per cento) e il lavoro e conciliazione dei tempi di vita (67 per cento).
Ampliando il confronto al 2010, a spingere il miglioramento è anche il settore Salute (80 per cento) e Ambiente (9 indicatori su 14 variano positivamente).
Tornando agli indicatori economici il benessere è in ripresa: il reddito procapite delle famiglie è tornato ai livelli del 2010-2011 e migliorano gli indicatori di grave deprivazione materiale e bassa intensità lavorativa. Tuttavia aumenta la povertà assoluta, basata sulla spesa per consumi, che riguarda il 6,9% delle famiglie e l’8, 4% degli individui.
Rispetto ai segnali positivi del 2016, nel 2017 cala invece il benessere soggettivo: le donne sono meno soddisfatte della propria vita rispetto agli uomini (38, 6 per cento contro il 40,6 per cento) e gli anziani (33,9% delle persone di 75 anni e più) rispetto ai giovani (52, 8% tra i 14 e i 19 anni).
Inoltre nell’ambito delle relazioni sociali che Il rapporto registra un quadro di “progressivo impoverimento”: la partecipazione politica peggiora di oltre 3 punti percentuali arrivando a coinvolgere il 59,4 per cento della popolazione; scende inoltre la percentuale della popolazione che può contare su una rete amicale e parentale di riferimento (dall’81,7 per cento all’80,4).
A tenere duro in questo ambito è solo il non profit che emerge positivamente con la crescita delle organizzazioni attive in Italia, aumentate del 2,1 per cento tra il 2015 e il 2016.
Fare volontariato ha un’influenza positiva anche sul grado di soddisfazione della propria vita. Il dato emerge da uno degli approfondimenti tematici presentati all’interno del rapporto, che mette in relazione gli indicatori del Benessere soggettivo e altri indicatori, concentrando l’analisi sulle tre fasi temporali del pre, durante e post crisi economica.
Quest’anno inoltre l’Istat ha introdotto una nuova valutazione nel rapporto, interrogando le famiglie (la rilevazione è stata effettuata novembre dicembre di quest’anno) su quali siano gli ambiti più importanti per definire la qualità della vita. Secondo i risultati tutti i 12 ‘domini’ compresi nel rapporto sono significativi; più degli altri però conta la salute mentre “politica e istituzioni” raccolgono il punteggio più basso “a indicare un certo distacco dei cittadini nei confronti delle diverse espressioni della cosa pubblica”.
Emergono inoltre importanti differenze a seconda dell’età e del livello di istruzione. Per i giovani tra i 18 e i 29 anni contano soprattutto sulle relazioni sociali (con una distanza di 0,7 nel punteggio medio rispetto agli anziani), sulla capacità di ricerca e innovazione e sul benessere inteso come soddisfazione personale. Le persone di 65 anni e oltre sono più sensibili alla sicurezza sociale.
Anche il rapporto Bes conferma a livello territoriale un paese a due velocità: in 14 indici compositi considerati su 15 il centro e il nord hanno valori più altri del mezzogiorno, mentre il nord supera il centro in 12 casi su 15. Gli indici sul lavoro, benessere economico e ambiente sono migliorati in modo generalizzato in tutte le regioni così come l’arretramento nell’istruzione, nelle relazioni sociali nella politica e nella soddisfazione per la vita.