Profughi, da Bolzano a Rosarno per la casa di legno…

L’idea è di tre giovani architetti, il legname di un’azienda austriaca, la manodopera di richiedenti asilo trentini. La “Hospital(ity) School” costruita a tempo di record arriverà in Calabria a Natale. Sarà sportello legale, ambulatorio e scuola d’italiano per i migranti dell’ex ghetto di San Ferdinando.
BOLZANO – Partirà da Bolzano, diretta verso la provincia calabrese. Sorgerà lì, vicino ai campi di pomodori, tra le baracche ormai dismesse e la tendopoli di San Ferdinando. Sarà aperta a tutti e farà da scuola di italiano, ambulatorio e centro di assistenza legale. Hospital(ity) school è una casetta modulare in legno che volontari e richiedenti asilo trentini stanno costruendo per i braccianti di Rosarno. Il primo presidio fisso in quello che, fino a qualche mese fa, era considerato il più grande ghetto d’Italia.
Un presidio fisso e polifunzionale. In appena 35 metri quadrati la struttura ospiterà uno spazio di prima alfabetizzazione con corsi d’italiano, un ambulatorio attrezzato e un ufficio di consulenza legale per i migranti. Il progetto nasce su iniziativa del collettivo Mamadou di Bolzano, che da anni lavora a contatto con i braccianti del Sud Italia. “Siamo partiti due anni fa con l’idea di realizzare un reportage sullo sfruttamento del lavoro in agricoltura. Abbiamo visitato i ghetti di Rosarno in Calabria e di Boreano in Basilicata, prima che venissero sgomberati, e ci siamo trasformati in attivisti”. Matteo De Cecchi del collettivo Mamadou è stato fra i primi a organizzare corsi d’italiano tra le baracche. A Rosarno è tornato l’estate scorsa, insieme a un medico e a un’infermiera, per visitare i braccianti. “Ci siamo accorti che mancava un presidio fisso. Le realtà che lavoravano attorno al ghetto, come fa Medu-Medici per i diritti umani, visitavano i pazienti in un camper della fine degli anni Ottanta. Anche i nostri corsi d’italiano, che raccoglievano tra 40 e 60 braccianti, eravamo costretti a tenerli in un bazar, tra l’odore di cipolla e i ragazzi che passavano a caricare i cellulari nell’unico punto luce”. Da qui l’idea di una struttura polifunzionale, che potesse rispondere a bisogni diversi.
Al lavoro anche i richiedenti asilo. Grazie al crowdfunding, il collettivo ha raccolto 6mila euro e ha dato il via al progetto nell’ambito della campagna Overthefortress. Un’azienda austriaca, la Mayr-Melnhof Holz, ha donato 5 tonnellate di legno e i macchinari e Trentino Sviluppo ha messo a disposizione uno spazio inutilizzato al polo della Meccatronica, a Rovereto. Si lavora da giovedì a domenica. Alla costruzione partecipano gli attivisti del collettivo, i ragazzi del gruppo di design Brave New Alps e alcuni richiedenti asilo accolti in Trentino. “Vengono da Nigeria, Costa d’Avorio, Mali: c’è sempre un mix di lingue mentre lavoriamo”, racconta una volontaria. “Sono sbarcati quasi tutti nei porti del Sud, partiti dalla Libia, a volte dopo mesi di detenzione. Non raccontano volentieri la loro storia, ma molti sanno cos’è il ghetto di Rosarno. Qualcuno ci è anche passato e conosce bene le fatiche che si affrontano laggiù”. Alcuni sono diventati esperti falegnami e alla Hospital(ity) School vorrebbero dedicare più tempo. “Ce ne sono sei o sette che sono sempre presenti”, spiega Valentina Benvenuti, 22 anni, che divide il suo tempo tra la facoltà di Veterinaria e il collettivo Mamadou. “Abbiamo creato una piattaforma doodle in cui chiunque può iscriversi in base alle proprie disponibilità. La conclusione dei lavori era prevista per fine novembre, ma siamo a buon punto e dovremmo finire in anticipo”.
A dicembre l’assemblaggio a Rosarno. A progettare la Hospital(ity) School sono stati tre giovani architetti, riuniti sotto la sigla Area 527. Michele Rossa, Lionella Biancon e Francesca Bonadiman hanno ideato una struttura in legno, fatta di moduli prefabbricati ricavati da materiali di recupero. Un box multifunzione, con pareti attrezzate e pannelli a scomparsa. Finiti i lavori, verrà spedito in Calabria per essere assemblato a cavallo del nuovo anno. “Siamo in attesa dei permessi del Comune di San Ferdinando, dove è sorta la nuova baraccopoli”, spiega Matteo. Del trasporto si occuperà la cooperativa Sos Rosarno, cui verrà affidata anche la gestione dei corsi d’italiano. La Cgil curerà lo sportello legale e Medu lavorerà sul fronte sanitario. Il passaggio successivo è l’autogestione, con la possibilità per i braccianti di utilizzare la struttura anche per altri scopi. “Per noi è un punto di collegamento – spiega ancora Matteo – una cerniera tra la provincia di Bolzano, la più ricca d’Italia, e il Sud, così ricco a livello culturale eppure immerso nella povertà. Speriamo che la Hospital(ity) School diventi un simbolo di riscatto anche per chi la userà, com’è stato per i ragazzi che l’hanno costruita”.
fonte www.repubblica.it

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