Riforma del terzo settore, Tabò “ecco quali lo sono le sfide per i Csv”

 

Riforma del terzo settore, Tabò “ecco quali lo sono le sfide per i Csv”

Intervista al presidente uscente di CSVnet Stefano Tabò che ha accompagnato i centri di servizio per il volontariato negli adeguamenti previsti dalla riforma del Terzo settore. “Stiamo andando verso un modello di agenzie territoriali di promozione. Centrali la trasparenza, l’accountability, il controllo e i processi di digitalizzazione” 

di Cantiere terzo settore

Chiamati a una profonda riorganizzazione e all’allargamento della platea dei destinatari, i centri di servizio per il volontariato (Csv) con la riforma del Terzo settore sono stati protagonisti di trasformazioni giuridiche e organizzative sostanziali. A traghettare un sistema attivo su tutto il territorio nazionale da oltre 20 anni in questa nuova fase è Stefano Tabò, presidente uscente di CSVnet, l’associazione nazionale dei centri di servizio per il volontariato. E se per molti aspetti la riforma del Terzo settore ha riconosciuto e potenziato il lavoro svolto finora da queste “agenzie territoriali di promozione del volontariato”, tra le conquiste più significative c’è la messa a punto dei processi di fusione e di accreditamento dei Csv.

Tabò ricorda anche che l’iter di applicazione della riforma non è ancora completata, in attesa di alcuni importanti provvedimenti, come la normativa fiscale e la definizione dell’assicurazione dei volontari, senza dimenticare l’importante banco di prova del modo in cui verrà esercitato il controllo sugli enti del Terzo settore (Ets), su cui reti associative e Csv saranno chiamati a svolgere ruoli cruciali. Il presidente di CSVnet fa una carrellata sulle trasformazioni in corso e le sfide future, a partire dall’avvio del registro unico nazionale del Terzo settore. La digitalizzazione di un archivio simile è, infatti, un’opportunità, una delle lezioni che abbiamo imparato dalla pandemia da Covid-19.

In che modo la riforma del Terzo settore ha influenzato il lavoro dei Csv?

Il nuovo quadro normativo ha influenzato molto e su più aspetti i Csv: ci tornerò a breve. Prima di tutto, però, invito a cogliere quanto la presenza dei Csv abbia influenzato la redazione del codice del Terzo settore. L’art. 15 della legge 266/1991, ora abrogato, ed i vent’anni di presenza sul campo dei Csv hanno consegnato un’eredità fondamentale. Senza quell’esperienza pregressa difficilmente oggi il nostro Paese potrebbe contare su un’infrastruttura articolata in tutto il territorio nazionale volta a promuovere l’esperienza di volontariato. Il legislatore ha confermato la presenza dei Csv sulla base della valutazione positiva del loro operare. E, nel farlo, ha opportunamente messo mano ad un dettato legislativo ormai obsoleto, mantenendo centralità sulla figura dei volontari (intesi come da art. 17, c.2). Molte, peraltro, le novità. La normativa in vigore concepisce, per la prima volta, i Csv come “sistema”. Il loro irrinunciabile radicamento territoriale (sia nell’operatività sia per la governance) si accompagna oggi ad una decisa spinta all’integrazione nazionale (prima assente). Almeno quattro i riscontri: la costituzione di un unico fondo nazionale (con attribuzioni su base regionale); la previsione di regole uniformi in tutte le regioni (con un unico organismo nazionale di controllo denominato Onc, articolato in 15 Otc); il riconoscimento dell’associazione dei Csv (con funzioni di supporto agli stessi nonché di intervento di promozione del volontariato su scala nazionale); la disposizione che fa della cooperazione tra Csv un dovere imprescindibile (finalizzato ad incrementare l’efficacia dell’intervento oltre che a ottimizzare l’uso delle risorse). Di fatto, il codice del Terzo settore ha messo in atto un cambiamento profondo dei Csv. Per verificarne la corrispondenza con le nuove disposizioni normative, sono stati investiti da un articolato processo di aggiornamento che trova il suo esito finale nel loro nuovo accreditamento (ad oggi completato per 42 Csv sui 49 previsti).

Il codice del Terzo settore allarga la platea dei destinatari e definisce i servizi erogati dai Csv. Quali sono i confini dell’attività che si svolgono e l’impatto di questa nuova impostazione legislativa?

I Csv della prima stagione hanno avuto come riferimento normativo le sole organizzazioni di volontariato (Odv). Dopo l’entrata in vigore del Codice, il loro mandato è divenuto “promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli Ets”. L’attenzione alle Odv permane, ma non è più esclusiva. È avvenuta un’estensione significativa che esprime un messaggio culturale e valoriale indiscutibile, da cui discende le finalità dei Csv (che ne sono conseguenza). La natura stessa degli enti del Terzo settore implica un’attenzione al coinvolgimento di volontari. Ne deriva che ogni Ets (a prescindere da dimensione, da settore e territorio operativo) è sollecitato a ricomprenderli nella sua compagine e nella sua operatività in un ruolo significativo. Va da sé che non si tratta solo di consolidare e qualificare l’esistente. I Csv assumono come obiettivo un maggior coinvolgimento dei cittadini che non fanno esperienza di volontariato. Sono sollecitati dalle nuove forme con cui le persone esprimono solidarietà e impegno sociale. Sono ingaggiati in tutto ciò che attiene al ricambio generazionale, alle dinamiche inter-generazionali, al coinvolgimento delle nuove generazioni. Sono chiamati a diffondere la cultura del volontariato, capace di pluralità, ma anche di fondamentali elementi identitari comuni. Non a caso, un’espressione molto utilizzata durante l’iter parlamentare che ha portato al codice del Terzo settore propone i Csv come “agenzie territoriali di promozione del volontariato”: una definizione efficace!

Di qui i compiti in capo ai Csv elencati nel codice del Terzo settore (art. 63): servizi di promozione, orientamento e animazione territoriale; servizi di formazione; servizi di consulenza, assistenza qualificata ed accompagnamento; servizi di informazione e comunicazione; servizi di ricerca e documentazione, servizi di supporto tecnico-logistico.

Rispetto al passato, siamo dunque in presenza di una forte continuità nella tipologia dei servizi previsti che, contemporaneamente, vengono riferiti ad una più ampia platea di destinatari nonché veicolati con riferimento ai temi portanti della riforma. Gli impegni e le sfide che il codice del Terzo settore ha generato negli Ets, nella società tutta e nelle istituzioni si riverberano inevitabilmente nel modo di concepire la presenza dei Csv e la loro programmazione. Permarranno le logiche e le finalità mentre i modi dovranno evolvere in aderenza all’evoluzione della società e alla dinamicità del fenomeno del volontariato, per sua natura magmatico.

La riforma chiede agli enti maggiore trasparenza, una grande attenzione all’accountability e alla rendicontazione sociale. Quali sono le azioni messe in campo da CSVnet e dai Csv in questo senso?

Il legislatore del 2017 ha chiesto trasparenza, capacità di accountability, pratiche di rendicontazione sociale. È una acquisizione giuridica di cui dobbiamo andare orgogliosi. Si tratta di comprenderne appieno i significati e di interpretarne al meglio le conseguenze. Per farlo, occorre essere consapevoli preliminarmente che un gran numero di Ets ha adottato (prima ancora che la normativa lo prevedesse) un alto livello di qualità nella propria gestione e che le prime ad essere interessate all’acquisizione e al riconoscimento di uno standard convincente sono proprio le organizzazioni senza scopo di lucro.

Il Codice, finalmente, ha fissato obiettivi universali per tutto il Terzo settore, a partire dalla sua identificazione attraverso il registro unico nazionale del Terzo settore (Runts). Un registro nazionale, capace di fotografare le diverse tipologie di Ets nel Paese, secondo criteri di identificazione validi per tutte le regioni.

Mentre non sappiamo ancora le modalità con cui verranno effettivamente esplicitate le forme di “controllo” ed “autocontrollo” sugli Ets, abbiamo ben presente che per raggiungere le finalità date dal legislatore tali funzioni dovranno unire il rigore alla capacità di sostenere le singole organizzazioni nell’acquisizione degli standard previsti. Nel caso delle associazioni più piccole e meno strutturate il fattore pedagogico sarà da tenere in forte considerazione.

Dobbiamo essere convinti del fatto che talvolta si tratta di agevolare un passaggio di logica. Importanti saranno gli strumenti che verranno messi a disposizione e, prima ancora, la chiarezza e la congruenza degli adempimenti richiesti.

Il primo passo è la chiarezza di informazione: lo sforzo di CSVnet, condiviso dal Forum Nazionale del Terzo settore, che ha dato concretezza a Cantiere terzo settore ne è una risposta.

A seguire, è giusto ricordare la capillare azione di formazione, accompagnamento e consulenza che i Csv esprimono nel loro territorio alle associazioni che lo richiedono.

Ma occorre ricordare che l’applicazione del Codice del terzo settore non è ancora ultimata e che si attendono ancora importanti disposizioni che andranno a chiarire aspetti di assoluta importanza (si pensi alla normativa fiscale o a temi come l’assicurazione dei volontari). È certo che un banco di prova sarà il modo con cui – lo dicevo pocanzi – verrà esplicitata la funzione di controllo sugli Ets. A proposito occorre ricordare la particolare posizione che il legislatore ha attribuito alle reti associative nazionali e ai Csv. Entrambi potranno essere autorizzati a svolgere attività di controllo nei confronti dei propri aderenti per accertare la sussistenza e la permanenza dei requisiti necessari all’iscrizione al Runts, per accertare il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale, e l’adempimento degli obblighi derivanti dall’iscrizione al registro unico nazionale del Terzo settore.

È un capitolo tutto da scrivere. È un’opportunità che contiene una grande sfida, non priva di insidie e rischi. Su tutto deve prevalere, tuttavia, la grande passione per il mondo della solidarietà e la volontà di adoperarsi per una sua continua crescita quantitativa e qualitativa.

Che impatto ha avuto la riforma del Terzo settore sull’impianto organizzativo e sulla gestione della governance di CSVnet e dei Csv?

L’impatto è di grande portata. Basti sapere i Csv sono gli enti di diritto privato che, dopo gli istituti bancari e gli enti assicurativi, sono maggiormente normati. La legge entra nello specifico della base sociale precisando da chi può essere composta, dispone sulle finalità operative, ne prevede il controllo da parte di precisi organismi (sempre privati, ma nella cui composizione ci sono anche esponenti delle istituzioni pubbliche), fissa degli elementi obbligatori per lo statuto (es. incompatibilità e durata massima della presidenza dei Csv),  prevede l’obbligo di redigere il bilancio sociale (indipendentemente dai valori economici) e di renderlo pubblico, affida ad un ente terzo la designazione del presidente dell’organo di controllo interno. E altro ancora.

C’è una ragione per tutto questo e va individuata nell’affidamento ai Csv di una funzione pubblica di grande rilevanza, per la quale viene garantito un contributo annuale da parte delle Fondazioni di origine bancaria. È comprensibile. Ma troppo spesso quando si parla dei Csv ci si dimentica o si sottovaluta la condizione in cui operano e i controlli a cui è sottoposto il loro operato.

L’elemento che, nel primo periodo di applicazione del Codice, più di altri è stato oggetto di un vivace confronto ha riguardato il numero dei Csv. Il Codice non lo esplicita ma dispone sui principi che devono essere applicati dall’Onc per determinarlo. L’esito delle riflessioni e della successiva decisione ha portato a prevedere 49 Csv. La loro competenza territoriale non ha sovrapposizioni (a differenza della situazione creatasi con la previgente normativa) e garantisce l’operatività in tutte le provincie italiane (negli anni precedenti ne era stata esclusa la provincia di Bolzano). Storicamente, i Csv erano giunti ad essere 79; all’entrata in vigore del Codice erano 71; attualmente sono 51; entro l’anno in corso diverranno 49.

Chiunque abbia un minimo di esperienza organizzativa può comprendere la portata dei cambiamenti indotti dai processi di fusione che hanno consentito una riduzione così significativa del numero dei Csv.

Ma le sollecitazioni sono venute anche da altri fattori. Il Codice esprime il principio delle “porte aperte”, stimolando una partecipazione sempre più ampia nella base sociale degli stessi. Sebbene la maggioranza è comunque riservata alle organizzazioni di volontariato, il flusso che porterà nuove entrate, provenienti da altre tipologie di Ets è solo iniziato. È ormai fissato il principio che soci dei Csv possano essere solo Ets: e questa è un’altra importante acquisizione. I Csv sono diretta e autentica emanazione degli enti del Terzo settore del loro territorio ed esprimono il vissuto della comunità di cui sono espressione. In altri termini, i Csv non sono altro che il risultato dell’investimento di persone, idee, esperienze, sensibilità che il mondo della solidarietà locale è disponibile a mettere a disposizione per promuovere i valori dichiarati con una prospettiva universalistica. In questo senso, il Codice ha mantenuto l’impianto concettuale della legge quadro del volontariato (la legge 266/1991 che all’art. 15 ha istituito per la prima volta i Csv) che scelse di applicare fattivamente il principio di sussidiarietà, affidando la promozione del volontariato ai suoi stessi protagonisti.

Per CSVnet, l’associazione dei Csv, l’impatto è stato indubbiamente meno invasivo. La riforma ha dato ragione a molte delle scelte che CSVnet aveva adottato negli anni precedenti. Certo, si è incrementato a dismisura il supporto ai Csv in questo tempo di transizione. È stato necessario un delicato aggiornamento statutario. Ma, per il resto, si sono create le condizioni per uno sviluppo significativo delle dinamiche progettuali a livello nazionale, aprendo la strada a interessanti sviluppi di cui sono in atto le prima acquisizioni.

Il registro unico nazionale del Terzo settore sarà presto operativo. Come si stanno preparando i Csv a questo passaggio?

Il Runts è uno strumento senza precedenti: un registro unico a livello nazionale, dove trovare tutti gli Ets indipendentemente dai settori operativi, dalla natura giuridica, dal territorio dove operano. Rappresenta una rivoluzione concettuale e relazionale, considerando gli effetti che l’iscrizione al Runts porta con sé. Sta per essere popolato con gli enti già iscritti ai registri pre-vigenti al Codice. A seguire, ospiterà tutti gli enti che, oltre ad assicurare tutti i requisiti previsti (ad iniziare dallo statuto), sceglieranno di aderirvi.

La normativa dà un’indicazione imprescindibile: il Runts “avrà modalità informatiche”. Questo lo renderà accessibile a tutti gli interessati (inibendo, per esempio, la possibilità alle pubbliche amministrazioni di richiedere le informazioni lì depositate ai singoli Ets). Per molte organizzazioni, tuttavia, questo nuovo scenario rappresenta una sfida che impone di adottare nuove tecnologie e nuove procedure. Il rischio è che qualcuno rinunci: occorrono anche qui supporti e sostegni. I Csv ne sono consapevoli, stanno agendo di conseguenza, ma non dipende tutto da loro.

L’opportunità è grande e, sia chiaro, ha fatto bene il legislatore a fissare questo traguardo che costituisce una svolta epocale. Nel complesso, la digitalizzazione deve essere vista dunque soprattutto come un’opportunità: lo abbiamo potuto constatare nel tempo della pandemia da Covid-19. Si tratta, al solito, di continuare a mantenere ben salda la distinzione tra i fini e gli strumenti di cui ci avvaliamo per raggiungerli.

L’impatto della trasformazione digitale sulla nostra società e, in particolare, sul mondo del volontariato è in continuo aumento, a prescindere dal Runts. Si inizia immaginando di acquisire tecnologie ed abilità tecniche. Si arriva poi a comprendere che si è chiamati ad intervenire sul metodo con cui si opera e, prima ancora, sulla propria cultura organizzativa. Non si tratta di complicare le cose, ma di farle evolvere, semplificandole. Questo è l’obiettivo!

Queste sono le ragioni per le quali i Csv non si sono limitati a dare informazioni sul Runts (interlocutori, scadenze, requisiti) o ad assistere le associazioni che si sono trovate a dover applicare una nuova normativa. I Csv hanno anche offerto ai responsabili pubblici di riferimento collaborazione e raccomandazioni sulle modalità con cui procedere alla sua implementazione. Il Runts diverrà per i Csv un riferimento fondamentale per l’identificazione della potenziale utenza dei servizi nonché del bacino da cui prende corpo la loro stessa base sociale.

Qui è da sottolineare anche il modo con cui la rete dei Csv ha assunto la sfida del digitale. CSVnet ha iniziato ad investire nel 2011 per dotarsi di supporti gestionali innovativi in relazione all’attività dei suoi organi sociali. Dall’originario ceppo, implementato e migliorato, nel 2017 è derivato il «gestionale CSV» messo a disposizione dei CSV. Si è passati quindi a sperimentare l’uso di questo supporto direttamente da parte dei singoli Ets: nel 2021 sono 1.500 le associazioni che ne sono coinvolte, in 10 regioni. Stiamo parlando di uno strumento teso a rendere più agevole e trasparente la vita democratica di ogni Csv ma anche capace di rendere più dinamica e partecipativa la relazione con gli Ets del proprio territorio. Evidente che l’obiettivo sia rendere interfacciabile tale software con il Runts (una volta che questo sarà operante) in modo tale che gli adempimenti degli Ets possano essere facilitati nella comprensione, nella preparazione e nella fase di trasmissione.

Ciò che nasce dai Csv è destinato a diventare patrimonio comune del mondo del volontariato. A ben vedere, i Csv stessi rappresentano una risorsa comune a presidio e a garanzia della vitalità e dell’identità del volontariato: un modo di concepire la propria cittadinanza che ha molto a che fare con i valori profondi della nostra Costituzione!

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