‘-Riforma Terzo settore: primi correttivi su Codice e impresa sociale

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Dal Consiglio dei ministri di ieri via libera ai decreti correttivi che recepiscono le istanze dei soggetti interessati alla riforma; tra le novità l’obbligo di revisione contabile solo per gli enti più grandi.
Novità sulla riforma del terzo settore: il Consiglio dei ministri di ieri (21 marzo) ha dato il via libera ad ulteriori norme integrative e correttive sia sul Codice del Terzo settore che sul decreto n. 112 che riguarda l’Impresa sociale.
Un altro passo avanti quindi – dopo il primo decreto correttivo sul servizio civile del 22 febbraio – per il perfezionamento della riforma del Terzo settore (tutti gli aggiornamenti nel focus di CSVnet).
I testi dei provvedimenti assunti ieri sono stati approvati “salvo intese”: ciò vuol dire che dovranno essere esaminati dalle commissioni parlamentari competenti, formate dopo l’insediamento delle nuove Camere, per la pubblicazione dei testi in Gazzetta ufficiale entro agosto.
È il comunicato stampa del Consiglio dei ministri ad anticipare i contenuti principali dei decreti correttivi, a partire dal Codice del terzo settore, il decreto legislativo più consistente di tutta la riforma, modificato “al fine di un migliore coordinamento con la normativa nazionale e regionale e tenendo conto, inoltre, delle osservazioni formulate dagli stakeholder di riferimento”.
La novità più importante riguarda gli obblighi contabili, che saranno proporzionati alle dimensioni degli enti di terzo settore: solo quelli più grandi dovranno sottoporsi alla revisione legale dei conti; in caso di revisione obbligatoria, inoltre, le organizzazioni potranno rivolgersi all’organo di controllo interno, a condizione che in esso sia presente un revisore legale iscritto nell’apposito registro.
In un articolo pubblicato sul Sole 24 ore di oggi, Giovanni Parente e Gabriele Sepio (consulente del Governo per la riforma) chiariscono meglio l’introduzione di questo “principio di maggiore proporzionalità”: “lo spirito di fondo” – spiegano – “è di uniformare la soglia spartiacque per definire grandi e piccoli enti. È destinato infatti a salire da 100mila a 220mila euro il limite di entrate annue per gli obblighi di trasparenza sui compensi erogati. Mentre, una volta approvato definitivamente il correttivo, basterà un rendiconto per cassa al posto delle scritture contabili per gli enti non commerciali con proventi annui inferiori a 220mila euro (e non entro i 50mila attualmente previsti), in coerenza con il limite oltre il quale scatta l’obbligo del bilancio di esercizio”.
Sul fronte fiscale invece, si prevede che gli enti con ricavi superiori ai costi, fino ad un limite massimo del 10%, saranno considerati comunque non commerciali: un intervento che consenta di avere dei margini in considerazione “dell’esigenza di mantenere la qualifica non commerciale dell’attività anche in presenza di lievi scostamenti tra costi e ricavi” sottolineano Parente e Sepio.
Previste inoltre integrazioni e correzioni concernenti la definizione della platea degli enti destinatari delle misure agevolative, anche con riferimento a quelli filantropici.
Altre novità emergono dal comunicato diramato dal Consiglio dei ministri: in particolare saranno integrate le attività di interesse generale esercitabili dagli enti non profit; aumenta di quattro unità il numero dei componenti del Consiglio nazionale del Terzo settore (oggi sono 33), al fine di assicurare una più ampia rappresentanza degli enti, comprese le reti associative.
Infine le Organizzazioni di volontariato di secondo livello dovranno avvalersi in modo prevalente di volontari provenienti dalle organizzazioni di primo livello che ne compongono la base sociale.
Anche il decreto sull’impresa sociale è stato oggetto di un correttivo che ha preso in considerazione in primo luogo i volontari che operano al loro interno, introducendo limiti più stringenti al loro impiego che dovrà essere “aggiuntivo” e non sostitutivo a quello dei lavoratori.
Sul versante fiscale è confermata la previsione della non imponibilità delle somme destinate a riserva o al versamento del contributo per l’attività ispettiva, mentre sarà imponibile qualsiasi distribuzione di utili ai soci, anche sotto forma di aumento gratuito del capitale nei limiti delle variazioni Istat. Al fine di allinearsi alla normativa sulle start-up innovative, il comunicato anticipa inoltre che gli investimenti agevolabili dovranno effettuarsi dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 112/2017, e che la qualifica di impresa sociale deve essere acquisita da non più di cinque anni. Inoltre anche le Ipab, ovvero le ex istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza privatizzate, potranno acquisire la qualifica di impresa sociale. di Clara Capponi
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