Abdi, Hassan, Mahad, Mahmoud, Karamo, Ghani, Arisa ed il piccolo Asbate di due mesi provengono dal Togo, dalla Somalia, dall’Iraq e dalla Guinea Bissau. I loro sei mesi in Italia–prorogabili per altri sei, in attesa che vengano adempiute tutte le formalità necessarie al riconoscimento del loro status di richiedenti asilo – li stanno trascorrendo allo Sprar “L’Approdo” di Girifalco, che è gestito dalla Fondazione Città Solidale. Ed ai corsi obbligatori di apprendimento della lingua italiana affiancano attività ricreative e di socializzazione, che rientrano nel cosiddetto “patto di accoglienza”: accettare l’invito dell’Associazione per i Diritti degli Anziani (Ada) di Catanzaro ad uno scambio culturale è sembrato, dunque, del tutto naturale, e perfettamente in linea con l’accoglienza calabrese alla quale si sono piacevolmente abituati.
Le calorose parole che la presidente dell’Ada, Francesca Migliarese, ha loro rivolto in qualità di “padrona di casa” non hanno avuto bisogno di essere tradotte: la commozione nell’averli lì, nella sede a Montecorvino, nonostante la pioggia ed il freddo pungente di lunedì, era infatti ben palpabile, ancor più per la presenza del piccolo Asbate, nato a dicembre allo Sprar, che tra le braccia della sua giovanissima mamma Arisa osservava tutti con i suoi splendidi occhioni neri. Per Ghani ed Arisa, genitori di Asbate, si prospetta ora una nuova fase, che dopo lo Sprar li porterà a Catanzaro, in una casetta che l’associazione “Universo Minori” di Rita Tulelli ha già trovato, accollandosi le spese di fitto per i primi due anni, almeno finché la giovane coppia non avrà le gambe per camminare da sola ed inoltrare la domanda di ricongiungimento familiare con gli altri quattro figli che si trovano nel Togo. L’emozione è anche aumentata quando, dopo l’intervento dell’operatore Francesco Lamanna (che ha raccontato come, da una comune amicizia, sia nata l’idea dell’incontro tra Città Solidale e l’Ada di Catanzaro), è toccato a Mahmoud prendere la parola e lasciare tutti senza fiato. Ad aiutarlo nella traduzione dall’arabo è stato il mediatore culturale Khairi Mejri, che ha saputo rispettare le pause che la commozione nel racconto ha più volte suscitato: la collaborazione con l’esercito italiano a Nassiriya, infatti, Mahmoud l’ha pagata cara, sia in qualità di paramedico impegnato che di iracheno minacciato di morte, a seguito del suo rifiuto di consegnare un militare italiano al quale aveva dato un passaggio.
L’attentato alla base militare italiana a Nassiriya sarebbe accaduto di lì a poco, mentre Mahmoud, dopo aver cambiato diverse città, si ritrovava costretto ad abbandonare definitivamente l’Iraq ed a partire dalla Turchia alla volta dell’Italia. Dopo un viaggio tormentato tra le acque agitate dal mare, in cui aveva assistito alla morte di diversi compagni di sventura, Mahmoud è così giunto in Europa, ha studiato l’inglese ed ha imparato il norvegese con la speranza di trovare un lavoro al nord. Ma la vicinanza all’esercito italiano ha spinto il governo norvegese a rimandarlo in Italia: una decisione che Mahmoud ha scelto di buon grado, perché, dopo aver vissuto in varie città d’Europa, ha capito che non esiste un altro Paese all’infuori dell’Italia in cui vorrebbe stare.
La fine del suo racconto, quasi irreale, è stata accolta da un applauso sincero e dalle parole di augurio che le socie dell’Ada, assieme al presidente regionale dell’Ada, Alberto Frontera, ed ai volontari del servizio civile, Gaetano Martino e Ylenia Russo, gli hanno tributato: la visita si è così conclusa con un ricco buffet di dolci fatti in casa, non prima di farsi strappare la promessa di rivedersi presto. E forse l’occasione, ipotizzata da Francesco Lamanna di Città Solidale e subito accolta dai ragazzi, potrebbe essere l’organizzazione di una partita di calcetto in cui i giovani ospiti dello Sprar sembrano eccellere.
Ufficio stampa CSV Catanzaro