Scuole di musica e riforma del Terzo settore, come scegliere la giusta qualifica
Tra le opzioni da valutare c’è quella di diventare associazione di promozione sociale, ente generico o impresa sociale, in base alle attività che si svolgono e alla propria organizzazione interna. Qualche spunto per scegliere consapevolmente
Molte scuole di musica sono attualmente costituite in forma di “associazione di natura culturale”, in quanto tale e in quanto in possesso dei requisiti di democraticità, assenza di scopo di lucro e trasparenza gestionale nonché nella misura in cui si qualificano come “ente non commerciale”, sono ammesse a quelle agevolazioni fiscali che consentono di non assoggettare a Iva la quota di iscrizione – ad esempio – al corso di sassofono versata dal socio e di non versare su quel corrispettivo le imposte dirette.
Per l’associazione senza scopo di lucro che apre la partita Iva è prevista inoltre la possibilità di ricorrere al regime fiscale semplificato e agevolato di cui alla legge 398/1991, sempreché gli introiti commerciali non superino i 400.000 euro.
Questa situazione cambierà a breve (verosimilmente nel 2022) con l’entrata in vigore del “pacchetto fiscale” previsto dal codice del Terzo settore che attende l’assenso della Commissione europea.
Le domande giuste per diventare associazione di promozione sociale
Con l’entrata in vigore del Titolo X del codice del Terzo settore, il corrispettivo specifico versato dal socio per partecipare alle attività musicali potrà infatti continuare ad essere fiscalmente agevolato solo se l’associazione avrà assunto la qualifica di associazione di promozione sociale. La scelta se assumere tale qualifica non è pertanto legata alla scadenza del 31 marzo 2021, termine riferito alla opportunità, per le sole associazioni già iscritte nei registri del volontariato, della promozione sociale e delle Onlus, di modificare lo statuto con il quorum dell’assemblea ordinaria qualora si limitino a modifiche/integrazioni statutarie che il codice definisce come obbligatorie o derogabili.
Per verificare però se l’organizzazione possa qualificarsi come associazione di promozione sociale – o mantenere tale qualifica se già iscritta nel relativo registro – sarà necessario verificare la sussistenza dei seguenti requisiti.
Alcuni vincoli sono comuni a tutti gli enti del Terzo settore, ossia l’associazione:
- persegue finalità di natura civica, solidaristica e di utilità sociale? Su queste definizioni si auspicano chiarimenti ministeriali per comprendere come si declinino in ambito culturale;
- le eventuali attività diverse – ad esempio la vendita di strumenti musicali – si pongono in rapporto di secondarietà o strumentalità rispetto a quelle di interesse generale? Siamo in attesa del decreto che deve definire la nozione di secondarietà e strumentalità a seguito del parere interlocutorio del Consiglio di Stato che aveva di fatto bloccato la relativa bozza;
- in presenza di lavoratori dipendenti, il trattamento economico e normativo rispetta i parametri definiti dai contratti collettivi stipulati dalle cosiddette organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative? E, sempre in presenza di dipendenti, il rapporto massimo tra le retribuzioni rispetta il parametro 1:8?
Per quanto concerne invece le specificità delle associazioni di promozione sociale, si rende necessario verificare se:
- i soci sono almeno sette persone fisiche o tre associazioni di promozione sociale? Se in fase di costituzione, avvenuta in un momento successivo al 3/8/2017, i soci erano inferiori al numero indicato, è intervenuta successivamente una delibera di assemblea straordinaria dei soci, in numero superiore a quelli indicati, che ha deliberato di conformarsi al codice del Terzo settore?
- il sodalizio presenta dei volontari, intendendo tali quanti non prendono alcun compenso e che gratuitamente e spontaneamente collaborano alla realizzazione delle attività associative potendo al massimo ricevere il rimborso delle spese sostenute eventualmente autocertificato ma mai forfettario?
- l’associazione può dimostrare di svolgere l’attività prevalentemente con l’apporto dei propri soci volontari, intendendo tali sia i soci iscritti nel registro volontari continuativi che i volontari delle organizzazioni aderenti all’associazione?
- se presenta soci che non sono persone fisiche, si tratta di altri enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, ed il loro numero non è in ogni caso superiore al 50% del numero delle associazioni di promozione sociale aderenti?
- in presenza di risorse umane retribuite, rispetta i criteri fissati dal Codice del Terzo Settore, ossia si avvale di dipendenti o di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità istituzionali? Il numero dei lavoratori impiegati nell’attività è pari o inferiore al 50% del numero dei volontari o al 5% del numero degli associati?
- oltre ad essere democratica, rispetta il principio di non discriminazione? In particolare, riconosce il diritto di voto anche ai soci minorenni rappresentati dal genitore/tutore in sede assembleare come evidenziato dal Ministero del Lavoro?
In presenza di questi requisiti, la forma di associazione di promozione sociale potrebbe rappresentare la soluzione ottimale non solo per le agevolazioni fiscali sopra menzionate e per la possibilità di svolgere attività commerciale con un regime forfettario simile, anche se non identico, a quello previsto dalla Legge 398/1991, ma anche per la possibilità di stipulare convenzioni con pubbliche amministrazioni, come Comuni, istituti scolastici e conservatori.
In molti casi però le scuole di musica intendono promuovere la formazione di tutti gli strumenti musicali, con un conseguente numero significativo di collaboratori alcuni dei quali impegnati anche solo con uno o due studenti. Può pertanto verificarsi che l’associazione culturale non possa assumere la veste di associazione di promozione sociale.
In merito al rapporto tra risorse umane retribuite e soci o volontari sarebbe di sicuro aiuto un chiarimento sul significato di una disposizione contenuta nel decreto che regolamenta il funzionamento del registro unico nazionale del Terzo settore: è infatti previsto che l’associazione di promozione sociale debba comunicare nel registro solo i dati dei dipendenti e dei collaboratori coordinati e continuativi con copertura assicurativa, per cui potrebbero non dover essere conteggiati i lavori autonomi titolari di partita, i collaboratori autonomi occasionali ed i direttori artistici ed i collaboratori tecnici che percepiscono compensi forfettari per prestazioni di natura non professionale rese nell’ambito di bande musicali, qualora l’associazione assuma anche tale veste.
Quando diventare ente del Terzo settore generico o impresa sociale
Qualora, in conclusione, la scuola di musica non possa qualificarsi come associazione di promozione sociale, si aprono due strade, ossia quella dell’ente del Terzo settore generico o quella dell’impresa sociale. Tali scelte saranno l’unica opzione possibile per le fondazioni, atteso che non possono assumere la qualifica di associazione di promozione sociale o di organizzazione di volontariato per legge.
L’opzione dell’ente del Terzo settore generico appare ancora poco chiara: l’articolo 79 del codice del Terzo settore che ne definisce la fiscalità ed i termini in cui il sodalizio può perdere la qualifica di ente non commerciale presentano profondi dubbi interpretativi e contraddizioni interne. Si è riaperto il tavolo di confronto istituzionale per poter emendarne il testo, motivo per il quale il Governo non ha ancora trasmesso alla Commissione europea la richiesta del parere sui nuovi regimi fiscali necessaria per determinare la relativa entrata in vigore.
La strada dell’impresa sociale è stata già intrapresa da alcune scuole di musica e si tratta sicuramente di una opzione da percorrere quando il sodalizio opera sul mercato e si avvale solo eventualmente ed accessoriamente di volontari. Non si può non ricordare però che tale scelta implica una maggiore complessità gestionale con i connessi oneri economici, essendo il sodalizio obbligato, a prescindere dai volumi di entrate, ad adottare il bilancio sociale elaborato tenendo conto, tra gli altri elementi, della natura dell’attività esercitata e delle dimensioni dell’impresa sociale, anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte, nonché ad attivare modalità di coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e degli altri soggetti interessati alle attività. Rispetto al passato, l’impresa sociale è sicuramente più appetibile per le misure fiscali e di sostegno economico che le sono riconosciute ma la cui applicazione è sempre subordinata all’autorizzazione della Commissione europea non ancora richiesta.
Perché entrare nel Terzo settore
Per concludere, si ricorda che l’assunzione della qualifica di ente del Terzo settore nelle sue diverse forme non rappresenta un obbligo ma una opportunità da valutare soprattutto se l’organizzazione vive prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei destinati al sostegno dell’economia sociale o esercita attività in regime di convenzione o di accreditamento con enti pubblici, essendo in questo caso prevista la necessaria iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore. Analoga valutazione nel caso in cui intenda beneficiare dei fondi del cinque per mille o nel caso in cui l’organizzazione sia interessata ad attivare o a partecipare a processi di coprogrammazione e coprogettazione con la pubblica amministrazione.
* Arsea srl – Cantiere terzo settore