In Calabria, ancor più che nelle altre Regioni d’Italia, le analisi che riguardano l’ambiente familiare come possibile contesto foriero di patologie, anziché di tutela, si confrontano con un assetto culturale e societario fortemente teso alla difesa di un’idea e di un’immagine di famiglia quale luogo privato e positivo. Ciò spiega la difficile emersione delle problematiche di maltrattamento vissute nell’ambito domestico e la lentezza dei processi che hanno porta to a considerarle problemi sociali e non privati.
Il collegamento diretto tra la violenza subita dalle madri e le gravi conseguenze di tipo comportamentale, psicologico, fisico, sociale e cognitivo sui figli, nel breve e lungo termine, non è tuttavia ancora un dato acquisito né per la maggioranza degli operatori dei servizi territoriali, né tantomeno per l’opinione pubblica nel territorio di riferimento.
In questo contesto è maturato il progetto “Libera di esserci”, concluso nei giorni scorsi dopo 12 mesi d’intenso lavoro, realizzato dal Centro Calabrese di solidarietà nell’ambito del Centro Antiviolenza – Casa rifugio “Mondo Rosa” e finalizzato al potenziamento dei servizi dedicati alle donne, ai minori e alla promozione della mission della Casa Rifugio. L’obiettivo di “Libera di esserci”, quindi, è quello di dare continuità ai servizi della Casa Rifugio “Mondo Rosa”, contribuendo a potenziarli dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo.
Attualmente, “Mondo Rosa” – Centro antiviolenza e Casa rifugio – struttura la riabilitazione del bambino attraverso il recupero della relazione con la mamma. “Per questo viene considerato prioritario il lavoro di rielaborazione del trauma da parte della donna, la ricostruzione di una rappresentazione del sé protetta e il recupero dell’autostima rispetto al suo ruolo di madre”, spiegano le referenti di progetto.
Il complesso delle attività progettuali ha previsto un rafforzamento di attività e metodologie già in atto all’interno di “Mondo Rosa”, ma che necessitavano di essere ampliate: uno degli elementi qualitativi, infatti, ha riguardato la metodologia elaborata con l’obiettivo di far sperimentare l’auto-riflessione, affinare competenze e favorire la messa in discussione delle abitudini mentali e comportamentali. Un altro elemento qualitativo è il sistema di presa in carico del minore non solo in quanto figlio di una vittima di violenza: il progetto mirava, infatti, alla messa in primo piano dei suoi bisogni di persona. Vengono utilizzati strumenti ed interventi psico-sociali e pedagogici definiti dalle caratteristiche dei minori e della matrice della violenza subita, quali: spazio-gioco per attività ludico-educative quali lettura di racconti e favole, giochi di gruppo. In questo modo è stato offerto ai bambini uno spazio sicuro nel quale poter sperimentare la propria volontà e si sentano incoraggiati a “comunicare” i propri stati d’animo, le proprie percezioni, il rapporto con il padre, la relazione di attaccamento con la madre. Queste attività possono rappresentare un valido sostegno all’elaborazione del trauma della violenza assistita, e si affiancano a quelle di sostegno scolastico e ripetizioni, oltre che di accompagnamento alle iniziative, educative, culturali e di socializzazione presenti sul territorio.
“Mondo Rosa”, insomma, oltre a garantire concreto sostegno ed accoglienza alle donne vittime di violenza ed ai loro figli, ricopre un importante funzione di “catalizzatore” sociale, capace di sensibilizzare la comunità, attraverso la propria attività quotidiana, sul tema della violenza di genere, mediante metodologie innovative di diffusione dei risultati. Obiettivi che passano anche da progetti come “Libera di esserci”.