«Se incominci a dare fastidio alla criminalità significa che la strada è quella giusta. I nostri sono presidi di legalità e di giustizia e, quando vengono «presi di mira e colpiti, voglio pensare che sia perché stiamo togliendo manovalanza alla criminalità. In un clima di generale sconforto, voglio essere positivo».
Parla così Luciano Squillaci, presidente del Forum del Terzo Settore Calabria, esprimendo anche la solidarietà della Federazione Italiana delle Comunità Terapeutiche a Isolina Mantelli, presidente del Centro Calabrese di Solidarietà di Catanzaro, nella cui struttura di Aranceto un minore ha fatto ingresso scavalcando il recinto e, una volta scoperto, è scappato sparando.
Un episodio che ha impaurito non solo l’operatrice che si è trovata a tu per tu con l’ospite inatteso, ma anche con tutti gli altri operatori che lavorano a favore dell’inclusione sociale, per sostenere le fasce deboli della popolazione, recuperare i minori disagiati nell’area sud di Catanzaro, in particolare all’Aranceto, uno dei quartieri del capoluogo maggiormente esposti alle pressioni criminali.
«Negli ultimi anni sono stati numerosi gli episodi simili a questo che si stanno ripetendo con una frequenza preoccupante – aggiunge Squillaci -. Accadono nelle strutture in cui il Centro Calabrese di Solidarietà porta avanti le sue attività, ma anche sui beni confiscati dove si verificano quasi quotidianamente. Parlo di eventi preoccupanti perché una volta le realtà del volontariato, del Terzo Settore sembravano essere terra sacra anche per la piccola criminalità, mentre negli ultimi anni la sensazione è che abbiano alzato il tiro. Da un lato questo mi preoccupa molto perché il rischio è che esperienze di base come le nostre, che non hanno protezione e riparo, possano subire danni o anche fermarsi. Dall’altro lato, lo dicevo prima, penso che la nostra sia la strada giusta e, se gli episodi si ripetono in quartieri più difficili come l’Aranceto di Catanzaro, allora stiamo lavorando bene».
Tante le attività che porta avanti il CEIS, le cui strutture offrono aiuto a 30 famiglie con i loro figli, accolgono 40 tossicodipendenti e danno riparo a 9 donne con i rispettivi bimbi.
«Una realtà complessa la nostra – spiega Isolina Mantelli – perché siamo partiti con le tossicodipendenze e siamo approdati al mondo molto più delicato delle famiglie dei ragazzi con dipendenza, facendo prevenzione e anche inserimento lavorativo. Nel tempo abbiamo incontrato il dramma delle vittime di abusi e abbiamo aperto per loro un centro antiviolenza e una casa rifugio. Gestiano anche uno sportello per gli uomini maltrattati. In un bene sequestrato alla ‘ndrangheta, poi, facciamo co-housing per chi conclude il percorso. Nel centro sociale di Aranceto ci occupiamo di povertà educativa grazie a un progetto promosso dall’impresa sociale “Con i Bambini”. Vi lavorano 15 “maestri di condominio”, persone che abbiamo formato noi e che portano avanti anche attività ludico-ricreative e sportive».
Un ventaglio veramente ampio di servizi, ognuno dei quali ha reale incidenza in un territorio nel quale l’età della manovalanza impiegata dalla ‘ndrangheta è veramente molto bassa. In più, proprio Aranceto, sorge in un territorio di spaccio e di forte presenza rom.
«Siamo certamente una spina nel fianco di chi non vuole il cambiamento – prosegue la presidente del CEIS di Catanzaro – perchè, per questi bambini e per i giovani, noi ipotizziamo un futuro diverso proponendo azioni concrete. Combattere la povertà educativa significa combattere la criminalità Quello che è successo non mi ha spaventato, come non mi spaventa nulla. Certo, mi preoccupo per gli operatori ma, per quel che mi riguarda, superato il primo momento, mi sale una rabbia furiosa che mi fa venire la voglia di scendere in campo con ancora più determinazione».
Solidali con lei, le tante realtà del territorio hanno subito fatto fronte comune chiedendo alle istituzioni maggiore presenza.
« È inaccettabile – scrive in una nota la Federazione Italiana Comunità Terapeutiche – che ragazzini vivano nel far west e sappiano maneggiare pistole al posto di leggere libri. Noi non saremo mai indifferenti, perché l’indifferenza è il nutrimento della criminalità organizzata».
«C’è un problema di punibilità – dice ancora Luciano Squillaci – perché, proprio nell’ambito delle dipendenze, stiamo notando che molto spesso in diverse parti d’Italia, Calabria compresa, si utilizzano come corrieri e spacciatori ragazzi al di sotto dei 14 anni. Qualcosa che è di una gravità enorme. Purtroppo in Italia, da 15 anni a questa parte, si è smesso di fare prevenzione e, più in generale, non si è investito sull’educazione. Ora, però, ne stiamo pagando le conseguenze. Solo ultimamente è intervenuto il Fondo Nazionale di contrasto sulla povertà educativa minorile, azione mossa più che da una volontà politica da un impegno del Terzo Settore e di alcune fondazioni bancarie, senza le cui spinte ancora oggi l’educazione in quanto tale, la prevenzione e il lavoro sul territorio sarebbero stati lo slogan di alcuni politici. È, però, ancora veramente molto poco. Non so quanto dovremo ancora aspettare per vedere gli educatori nelle scuole o per avere riconosciuti i ruoli degli educatori di strada. I luoghi aggregativi, poi, funzionano se c’è qualche progettino, ma è tutto poco strutturato e senza continuità. La Calabria ha bisogno di dare sogni e un futuro diverso, concreto, ai propri figli».
Praticamente quello che ha fatto e continua a fare il Centro Calabrese, dando ovviamente fastidio a chi i sogni li vuole distruggere, anzi non vuole neanche mettere nelle condizioni i nostri ragazzi di pensare che si possa sognare di essere altro rispetto a quello che si vuole diventino.