La relazione sullo stato di attuazione della legge sul "Dopo di noi"

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​A poco più di un anno dalla sua approvazione, è stata inviata al Parlamento la prima Relazione sullo stato di attuazione della legge 112/2016 recante “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, cosiddetta del “Dopo di noi”, che ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento specifiche tutele per le persone con gravi disabilità quando viene meno il sostegno familiare.

L’obiettivo del provvedimento è garantire la massima autonomia e indipendenza delle persone con disabilità, consentendogli per esempio di continuare a vivere – anche quando i genitori non possono più occuparsi di loro – in contesti il più possibile simili alla casa familiare o avviando processi di deistituzionalizzazione.

Come è noto, dal punto di vista legislativo e di programmazione degli interventi la materia è di competenza esclusiva delle Regioni, tranne la definizione dei livelli essenziali che rimane in capo allo Stato.
La relazione sul primo anno di attività, pertanto, non può che limitarsi a descrivere lo stato di avanzamento di questa prima fase in cui le Regioni definiscono gli indirizzi di programmazione, propedeutica all’erogazione delle risorse che consentono poi di realizzare gli interventi sul territorio. L’attuazione concreta degli interventi e dei servizi a favore dei beneficiari della legge – di competenza dei Comuni, eventualmente in forma associata a livello di ambiti territoriali – saranno quindi oggetto della seconda relazione.

L’analisi fa riferimento alle risorse complessivamente stanziate nel biennio 2016/2017, ovvero poco più di 128 milioni di euro (90 milioni di euro per il 2016 più 38milioni e 300mila euro per il 2017), tutte trasferite alle Regioni nel corso del 2017. Nella media, le tipologie di intervento su cui si è maggiormente concentrata la programmazione regionale sono di natura infrastrutturale e riguardano la realizzazione e/o la messa a disposizione degli alloggi con le caratteristiche previste dalla norma (che riproducono le condizioni abitative e relazionali della casa familiare, con moduli abitativi per non più di 5 persone, spazi accessibili, utilizzo di nuove tecnologie per migliorare l’autonomia delle persone, collocate in contesti territoriali idonei a sviluppare contatti con la comunità di riferimento, ecc.), cui viene destinato quasi il 30% delle risorse.

Le altre tipologie ricorrenti di intervento riguardano i percorsi di ingresso e di supporto all’abitare, cui sono destinate oltre la metà delle risorse complessive (circa il 55%), che vengono più o meno equamente ripartite tra le due finalità: il finanziamento dei percorsi programmati di ingresso negli alloggi e il supporto alla domiciliarità una volta che i beneficiari degli interventi sono entrati nelle abitazioni.

Sensibilmente inferiore la quota di risorse dedicate allo sviluppo delle competenze per favorire l’autonomia e per i programmi di accrescimento della consapevolezza (12%), mentre risulta marginale il finanziamento di interventi di permanenza temporanea in strutture diverse dagli alloggi sopra individuati (4%), d’altra parte limitati dalla disciplina attuativa solo a situazioni emergenziali.

Leggi la Relazione inviata alle Camere dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali

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