Stop all’Ires di favore per gli enti no profit

 

Stop all’Ires di favore per gli enti no profit

UN EMENDAMENTO CANCELLA IL BENEFICIO E FA SALIRE IL PRELIEVO AL 24 Stop all’Ires agevolata per i no profit. Cancellato lo sconto del 50% dell’imposta sul reddito delle società per chi opera in assistenza sociale, sanità, beneficenza, istruzione, formazione e altre realtà considerate (dai più) meritevoli. Lo prevede una delle misure introdotte nel maxiemendamento del governo alla legge di Bilancio. Per gli enti non commerciali, dunque, l’Ires raddoppierà dal 12 al 24%, e, secondo una prima stima, l’abrogazione dell’art.6 del dpr 600/73 costerà caro: solo per il primo anno, infatti, il volontariato italiano andrà a versare 118 milioni di euro.

Imponendo al reddito dei no profit l’aliquota d’imposta ordinaria in luogo di quella agevolta, inoltre, l’Esecutivo prevede, dal 2020 un recupero di gettito di circa 158 milioni di euro. Ad essere coinvolti dal taglio della c.d. «mini Ires» sono, tra gli altri, gli istituti di assistenza sociale, le società di mutuo soccorso, gli enti ospedalieri, di assistenza e beneficenza, gli istituti di istruzione e di studio, i corpi scientifici, le accademie, le fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, gli enti ecclesiastici, gli Istituti autonomi per le case popolari.

«Se davvero il Parlamento procedesse con la cancellazione delle agevolazioni fiscali agli enti non commerciali, verrebbero penalizzate fortemente tutte le attività di volontariato, di assistenza sociale, di presenza nell’ambito della ricerca, dell’istruzione e anche del mondo socio-sanitario, realtà che spesso fanno fronte a carenze dello Stato, assicurando servizi e prossimità alla popolazione. Vogliamo sperare che la volontà di realizzare alcuni obiettivi del programma di Governo non venga attuata con conseguenze che vanno a colpire fasce deboli della popolazione e settori strategici a cui è legata la stessa crescita economica, culturale e scientifica del Paese», ha commentato il segretario generale della Cei, Stefano Russo. Le parrocchie, infatti, essendo equiparate agli enti con finalità di beneficenza ed istruzione, rientrano nell’alveo dei soggetti interessati dall’abrogazione dell’art. 6 del dpr 600/73.

Dura anche la reazione del mondo sociale e del volontariato: «è assurdo che debba essere proprio il Terzo settore a pagare l’accordo con l’Europa. Un provvedimento, che ci sembra particolarmente penalizzante, soprattutto in relazione al periodo transitorio in cui si attende la piena entrata in vigore della riforma del Terzo settore», le parole di Claudia Fiaschi, portavoce del del Forum nazionale del Terzo settore. © Riproduzione riservata

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