Un nuovo Piano Sociale Regionale in tempi di Riforma

Si torna a discutere di Piano Sociale Regionale in Calabria. L’assessore al ramo Gallo ha messo mano allo strumento che per i prossimi tre anni definisce il nuovo assetto delle politiche sociali a livello regionale e territoriale.

Il Piano Sociale Regionale, redatto ai sensi dell’art. 18 della Legge regionale 26 novembre 2003, n. 23, delimita gli obiettivi, le priorità e i criteri per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, le modalità di realizzazione di attività volte alla sperimentazione dell’integrazione sociosanitaria mediante un coordinamento a livello regionale e zonale, nonché la collaborazione tra le amministrazioni pubbliche e gli enti del Terzo Settore. Tale documento programmatico, così importante perché offre indicazioni in merito allo sviluppo della pianificazione territoriale, si ritrova a dover ricoprire le falle di un ritardo di 21 anni rispetto alla legge quadro 328 del 2000  per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

E deve anche riuscire nella titanica impresa di infondere fiducia in un cambiamento possibile in questa regione così problematica, non solo tra i destinatari delle misure e delle progettualità che danno seguito al Piano, ma anche tra chi è chiamato all’attività di co-progettazione, di valutazione e di gestione ed erogazione dei servizi come gli enti del Terzo Settore.

Il ruolo degli enti del Terzo Settore: l’intervento di Caterina Iuliano, membro del Comitato direttivo del CSV Calabria Centro

Nel dare risposte alle fasce meritevoli di attenzione della popolazione calabrese, ovvero i minori e le famiglie, gli anziani, le persone più a rischio di esclusione sociale a causa della povertà, della disabilità e di un disagio di tipo mentale, la Regione non può non affidarsi agli enti territoriali più prossimi, come i Comuni, ed alle Aziende Sanitarie di riferimento, ma soprattutto agli enti del Terzo Settore che rappresentano un osservatorio privilegiato nell’individuazione dei bisogni.

“Confidiamo nella piena attuazione dei contenuti del documento programmatico regionale che riconosce il ruolo del Terzo Settore, inserendosi appieno nel dibattito nazionale che si è avviato con la Riforma del Terzo Settore – è il messaggio di speranza che Caterina Iuliano, consigliera del CSV Calabria Centro, indirizza a quanti prenderanno parte attiva all’esecuzione del Piano. A dare conferma del ruolo indiscusso ricoperto dagli enti del Terzo Settore è la sentenza della Corte Costituzionale 131 del 2020, pubblicata il 1° luglio scorso, che rappresenta un punto di svolta nei rapporti tra la pubblica amministrazione e il terzo settore, in quanto dà pieno riconoscimento all’articolo 55 del Codice del Terzo settore e, in particolare, agli istituti della co-progettazione e della co-programmazione come modalità privilegiate di relazione tra sfera pubblica e sfera del privato sociale.

“Sono diversi i riferimenti normativi che richiamano ai principi di sussidiarietà e di partecipazione democratica come fondamento di programmazione e di orientamento delle Politiche Sociali – prosegue Caterina Iuliano – Con l’attuazione del Piano si dà concretezza al concetto di “programmazione partecipata”, basato sul principio di sussidiarietà verticale, nel quale ciascun ente istituzionale è responsabile della programmazione per il proprio livello di responsabilità. La Regione esercita un ruolo di indirizzo, i Comuni avranno il compito di gestire i servizi in modo da tutelare le fasce più deboli della popolazione, e gli enti del Terzo Settore quello di co-programmare e co-progettare riportando l’attenzione sulle persone più che sui servizi in quanto tali”.

E in questo contesto il Piano di Zona si inserisce quale strumento di ottimizzazione della gestione dei servizi a ciascun livello, al fine di evitare uno spreco di risorse, e di massima integrazione con il sistema sociosanitario: “E’ fondamentale che gli enti partecipino ai tavoli tematici per la pianificazione degli interventi a livello zonale – afferma la Iuliano – Il Piano ha i suoi limiti, proprio nell’integrazione socio-sanitaria dei servizi e nell’eccessiva concentrazione sul livello delle prestazioni e non sui reali bisogni. Ed è qui che gli enti del Terzo Settore, che hanno il polso della situazione, devono poter  innescare processi di cittadinanza attiva, in virtù di un diritto che è loro riconosciuto. Prima prendono coscienza dell’enorme capitale sociale che essi rappresentano, investendo nella formazione, prima possono dare seguito ad una svolta che è per il bene di tutti”. Gli enti, da soli, difficilmente possono produrre un cambiamento strutturale: è importante che si riuniscano in reti associative e che facciano riferimento alle strutture di rappresentanza (i Forum del Terzo Settore) e di servizio (i Centri di Servizio per il Volontariato) per imprimere un’accelerazione alla svolta tanto attesa nelle politiche sociali di questa regione: “Insieme si può andare lontano, ripartendo dalle priorità, che a mio avviso sono rappresentate dal potenziamento dei servizi domiciliari a discapito del troppo facile ricorso all’istituzionalizzazione”.

Un ultimo pensiero, poi, la Iuliano, che è anche vicepresidente del Centro di Studio e Promozione Familiare “Don Pellicanò”, lo rivolge alle persone che convivono con una disabilità di tipo mentale, finora troppo trascurata, che necessitano di un’attenzione quanto più mirata, soprattutto in conseguenza degli effetti nefasti della pandemia in corso.

La prospettiva del Piano Sociale e l’apporto del CSV Calabria Centro: l’approfondimento di Filippo Sestito, coordinatore territoriale del nuovo CSV a Crotone

Filippo Sestito definisce il Piano Sociale Regionale come strumento di assoluto rilievo, fondamentale, per delineare il quadro degli interventi e dei servizi socio-sanitari necessari a fornire risposte adeguate ai bisogni dei cittadini calabresi, specialmente in una fase così delicata quale quella attuale, gravemente segnata da una pandemia tuttora in corso. “Il piano è stato adottato in un momento molto particolare, nel pieno di una riforma che sancisce un cambiamento profondo nell’inquadramento giuridico e nelle prospettive di crescita del volontariato e del terzo settore – afferma Sestito –  La riforma  introduce, tra le altre cose, un nuovo modo di intendere il rapporto tra enti del terzo settore, enti locali e pubbliche amministrazioni, quasi una sorta di istituzionalizzazione della relazione tra le parti chiamate a cooperare per il bene comune. Ed uno degli elementi certamente positivi del piano sociale regionale è il pieno riconoscimento del ruolo e della funzione che il terzo settore è tenuto a svolgere in tutte le fasi relative alla programmazione e progettazione, organizzazione, realizzazione, monitoraggio e valutazione degli interventi socio-assistenziali che si intendono effettuare”.

Il riferimento esplicito alla co-programmazione e co-progettazione con il terzo settore, il richiamo specifico alla sussidiarietà verticale ed orizzontale nella strutturazione del rapporto con gli ambiti territoriali, rappresentano, quindi, i capisaldi di un modello di welfare comunitario che effettivamente punta sulla sinergia di risorse e competenze che possono realmente segnare il cambio di passo tanto atteso. Tuttavia, non si può non tener conto che i dati riportati nel Piano sociale, relativi alla rete di strutture autorizzate ed agli interventi socio-assistenziali resi, evidenzino grandi differenze tra le diverse aree regionali e, quindi, testimonino gravi diseguaglianze e profondi squilibri: “Per quanto riguarda l’ambito territoriale di Crotone, ad esempio, le strutture autorizzate al funzionamento sono 15 ed il totale dei posti ammessi a retta è pari a 28 su una popolazione target di 105.376 abitanti – chiarisce ancora Filippo Sestito- Questo dato vuol dire che nell’ambito territoriale di Crotone il rapporto tra i posti ammessi a retta e la popolazione è pari a 1: 3763, cioè un posto ammesso a retta ogni 3.763 abitanti! Negli altri ambiti territoriali in cui ricadono i capoluoghi di provincia, cioè negli ambiti territoriali di Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria e Vibo Valentia, il rapporto oscilla tra 1:245 di Cosenza e 1:835 di Vibo Valentia. E’ chiaro che qualcosa non funziona e tanto ancora resta da fare”.

In tale contesto, il CSV Calabria Centro – che è la risultante della fusione tra i CSV di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia-  ha l’opportunità di incidere nella formazione delle competenze richieste al volontariato per poter svolgere in modo consapevole e qualificato la funzione che il legislatore ha previsto per il terzo settore, nell’ambito del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

“Le conoscenze acquisite “sul campo” e le esperienze maturate negli oltre 15 anni di attività svolta nelle province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia costituiscono una solida base da cui partire per rafforzare la dimensione della partecipazione attiva, per avviare collaborazioni e scambi utili a fornire risposte efficaci ai bisogni delle comunità – conclude Sestito – Uno strumento che darà una linea innovativa e qualificante al nuovo CSV sarà il Centro Studi, attraverso il quale verrà svolta attività di ricerca, analisi ed approfondimento certamente essenziali per elaborare proposte di innovazione delle politiche sociali e del welfare regionale”.

Benedetta Garofalo
Filippo Sestito

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