Una persona Down è felice se la società l'accoglie

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In Italia un bambino ogni 1200 nasce con Sindrome di Down. Si pensa che attualmente nel nostro Paese vivano circa 40.000 persone con la Sindrome.
La felicità di una persona con Sindrome di Down dipende, diversamente dal pensiero comune che vuole ogni persona con sindrome felice indipendente dall’ambiente esterno, proprio dalla società e dalla sua capacità di accoglierlo fornendo tutti i servizi necessari alla sua crescita e al suo sviluppo.
Questo il messaggio lanciato dall’Aipd, Associazione Italiana Persone Down, in occasione dell’incontro-convegno organizzato dalla Sezione di Cosenza dell’Aipd durante la Giornata Mondiale delle Persone con Sindrome di Down lo scorso 22 marzo. Un incontro con i giovani con sD che frequentano l’Aipd su tutto il territorio regionale ma anche e soprattutto un dibattito con i genitori dei giovani oltre che un momento di incontro con gli educatori dell’Aipd che ogni giorno seguono i ragazzi con sD.

Alla giornata organizzata a Cosenza era presente anche la delegazione dell’Aipd sezione di Catanzaro convinta che crescita, autonomia e lavoro siano le parole d’ordine per l’integrazione dei giovani con sD.
Uso del denaro, dei negozi e dei mezzi pubblici. È questo il tipo di autonomia che dà il valore personale del giovane in fase di sviluppo. I ragazzi, soprattutto i giovani con sD, devono avere la libertà economica. Un processo difficile che chiama in causa educatori, genitori e la società tutta. Un percorso complicato ma non impossibile come dimostrato dagli esempi pratici che vogliono giovani con sD impegnati in attività lavorative diversificate. A Cosenza, ad esempio, presso l’ospedale cittadino, l’accettazione del reparto di Odontoiatria è in mano ad una ragazza con sD.
Nel processo di crescita da bambino ad adulto il giovane con sD assiste ad un cambiamento di prospettiva oltre che un cambiamento anagrafico. Un adulto con disabilità intellettive, però, non è un eterno bambino ma un adulto “semplice”.
La sua autonomia è indispensabile per il pieno inserimento sociale, prerequisito essenziale per il lavoro, l’autonomia di spostamento, l’autonomia personale e la capacità di chiedere aiuto, insomma per una vita adulta indipendente.
L’incontro dibattito ha fornito strumenti utili ai genitori e agli educatori ma ha anche dato consigli ai colleghi delle persone con sD.
Facendo comprendere loro che spesso una persona con disabilità intellettive ha bisogno di più tempo per apprendere un compito. La persona con disabilità va, quindi, considerata per quello che è realmente, un adulto, evitando comportamenti infantilizzanti perché, in realtà, ogni persona, sia essa con sD o meno, è il risultato di ciò che gli altri vogliono che essa sia.
Ogni bambino che nasce con un ritardo intellettivo, infatti, è in grado di capire la propria diversità rispetto ai compagni e ai fratelli. Dunque, il rapporto con la sua identità sarà più sereno se i genitori, con il sostegno della società civile tutta, riusciranno ad affrontare con lui il discorso sui problemi connessi alla sindrome.

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