“Ritorniamo ora a visitare i fratelli di tutte le città nelle quali abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno”, questo il proposito dell’apostolo Paolo, espresso a Barnaba, riportato nella Breve esortazione pastorale dell’arcivescovo Mons. Vincenzo Bertolone per la Quaresima del 2018.
In questa ottica, di attenzione a tutti i fratelli anche stranieri, all’interno della Visita pastorale, da poco iniziata nella Diocesi di Catanzaro-Squillace, è stato inserito un incontro dell’Arcivescovo con i minori stranieri non accompagnati attualmente ospitati a Squillace, all’interno del progetto SPRAR “Catanzaro-minori” facente capo al Comune di Catanzaro.
Un incontro inaspettato per i ragazzi, che hanno dimostrato entusiasmo nell’accogliere Monsignor Bertolone, in quella che sentono a tutti gli effetti la loro casa.
La struttura di Squillace accoglie al suo interno minori di svariate nazionalità, (Nigeria, Gambia, Ghana, Somalia, Guinea, Pakistan), con diverse appartenenze culturali e religiose, che si sforzano e quasi sempre riescono a convivere quotidianamente in pace ed armonia.
Il responsabile di struttura, Domenico Mardente, ha presentato i componenti dell’equipe e le attività che si svolgono dentro e fuori dalla struttura. Si tratta di azioni mirate per ogni singolo beneficiario e programmate all’interno di piani educativi individualizzati, che puntano soprattutto all’autonomia e alla costruzione di un’integrazione sul territorio che deve necessariamente passare dalla conoscenza delle diversità e dall’arricchimento stesso che ne può derivare.
L’incontro con l’Arcivescovo è stato caratterizzato da una grande semplicità, in un clima di famiglia. Mons. Bertolone ha voluto parlare con i ragazzi e, seduto insieme a loro nella sala socializzazione, ha voluto ascoltare le storie di ognuno, conoscendo i loro percorsi di resilienza, la loro voglia di cambiare la propria vita, di migliorarla per poter aiutare le famiglie nei paesi di origine.
A tratti si è percepita all’interno della sala un’emozione palpabile, un sentirsi figli di Dio, indipendentemente dal fatto dell’essere musulmani o cristiani.
L’incontro si è concluso simpaticamente, con la canzone rap composta da uno dei minori accolti, in cui il ragazzo ha raccontato come la vita possa essere difficile e nello stesso tempo incerta se non ci si affida a Dio nella preghiera.
Una bella esperienza, segno di un cammino di speranza che per qualcuno si è a porto nella nostra regione.