Scritto da Luca Bertolini
Il lavoro in associazioni nei casi di sospensione sperimentato con successo anche in provincia di Pesaro, con la partecipazione del CSV Marche. La preside: “La punizione non viene cancellata, ma se il ragazzo dimostra ravvedimento ne teniamo conto…” Ma le famiglie si coinvolgono poco.
Quante volte sentiamo dire che la missione della scuola non è solo quella di istruire, ma anche di formare e accompagnare la crescita dei giovani, in sintonia con le famiglie. Ancor di più di fronte ai casi di ragazzi destinatari di provvedimenti disciplinari, perché le sanzioni devono avere finalità educativa e “costruttiva” e non solo punitiva. Ma come tradurre in concreto questo principio? Se lo sono chiesto in alcuni istituti scolastici della provincia di Pesaro e Urbino e la risposta è venuta dall’incontro con alcune associazioni di volontariato e la sede territoriale del CSV (Centro servizi per il volontariato), ben consapevoli del valore educativo e di crescita personale che un’esperienza di volontariato può offrire.
Così (come avviene già da vari anni in Piemonte) è nato un progetto per percorsi formativi alternativi alle sanzioni disciplinari, che alcuni giorni fa ha visto la firma di due accordi tra l’istituto professionale “G.Benelli” di Pesaro, l’istituto superiore Polo 3 di Fano, il CSV Marche e undici organizzazioni di volontariato del territorio (Aias, Città della gioia, Amici dell’ippoterapia, Gulliver, Anteas provinciale, Millevoci, Ato Marche, At Davide De Marini, Auser Fano, Giustizia e pace, Enpa, a cui nei giorni seguenti si è aggiunta anche l’Avis Fano). L’esperienza, che ha già avuto dei precedenti analoghi in altre zone d’Italia, è invece la prima del genere nelle Marche ad essere formalizzata in un protocollo.
“Quando sono arrivata qui, tre anni fa – ci spiega Anna Maria Marinai, dirigente dell’istituto Benelli – c’era un certo numero di sospensioni, che i ragazzi trascorrevano perlopiù a casa, senza concludere granché, spesso soli, con genitori che non potevano seguirli. Abbiamo visto che impedirgli di venire a scuola è ancora più dannoso, perché l’allontanamento alla fine produce solo rabbia e anche impegnarli in lavori socialmente utili all’interno dell’istituto non è una soluzione migliore, perché li espone alle prese in giro dei compagni… Così abbiamo ragionato su un’alternativa che avesse un valore e un po’ alla volta abbiamo coinvolto le associazioni di volontariato. Veniamo già da un’esperienza ‘pilota’ con l’associazione Auser e con questo accordo, d’ora in avanti, struttureremo la collaborazione coinvolgendone anche altre”.
Il protocollo prevede infatti che agli studenti destinatari di provvedimenti di sospensione per motivi disciplinari, si propone un’esperienza di volontariato nelle associazioni locali, come opportunità di crescita personale, di impegno e responsabilità. In pratica quando il consiglio di classe, per comportamenti particolarmente gravi e reiterati, arriva a deliberare l’allontanamento dello studente dalle attività scolastiche, per un tot di giorni, può convertire la sanzione in ore di attività socialmente utili, da svolgersi in una realtà di volontariato. Il tutto si realizza in accordo con la famiglia che viene coinvolta e chiamata ad accettare questo percorso.
E poi che succede una volta esaurite le ore da svolgere? “Di fatto la sanzione resta – spiega la preside Marinai – ma se il ragazzo dimostra un ravvedimento rispetto alle proprie condotte, ne viene tenuto conto… In definitiva, solo lo studente può mitigare gli effetti finali di una sanzione disciplinare, mostrando un reale cambiamento. Ecco, diciamo che il ‘successo’ di un provvedimento di sospensione è più probabile, se lo studente è coinvolto in attività di volontariato”.
Certamente, dicono i promotori del protocollo, non sarà quest’esperienza la “bacchetta magica” per tutti i casi, ma vivere per un po’ di tempo una realtà associativa dal di dentro può senz’altro contribuire a guardare un po’ più in là del proprio “io”, a fare i conti con i valori del dono, della gratuità, della condivisione, della responsabilità, insomma una piccola “palestra di vita” per mettersi un po’ in discussione e magari relazionarsi agli altri in maniera diversa.
Ma come hanno preso questa novità i diretti interessati? “Qualcuno ha accettato volentieri, qualcuno meno, ma finora non c’è stato nessuno che si è proprio opposto a quest’esperienza – risponde la preside – e mi sento di dire che in nessuno è passata senza lasciare un segno. Anzi, capita che i ragazzi, una volta rientrati in classe, la raccontano con entusiasmo e partecipazione, e così facendo diventano ‘semi’ positivi anche per i compagni. Quindi un duplice effetto benefico”.
L’altro grande protagonista è il volontariato. Le associazioni partner infatti si rendono disponibili ad accogliere gratuitamente e coinvolgere nelle loro attività gli studenti sospesi, individuando al proprio interno un “tutor” che ne accompagni l’inserimento e si rapporti con l’istituto scolastico. L’Aias (Associazione italiana assistenza spastici), ad esempio, a Pesaro gestisce un centro diurno e un centro residenziale ospitando un totale di 25 persone con disabilità psicofisiche. “Quando ci arriva una richiesta per accogliere uno studente con sanzione disciplinare – spiega la coordinatrice Graziella Graziani – dapprima faccio un colloquio, se possibile con la presenza dei familiari, in alternativa con l’insegnante. Ci si accorda con lo studente su giorni e orari di presenza e poi un nostro tutor lo affianca nell’inserimento e nelle attività programmate con gli ospiti. Quindi gli studenti accolti – che negli ultimi 2 anni sono stati una quindicina, in media per una settimana o 10 giorni – entrano a far parte della nostra realtà quotidiana: oggi ad esempio sono andati a fare la spesa, oppure aiutano al momento del pasto, accompagnano i ragazzi in biblioteca, a baskin o a fare una passeggiata”.
E gli studenti “indisciplinati” come vivono quest’esperienza, a tu per tu con varie forme di disabilità, anche gravi? “Devo dire che vengono sempre volentieri e a volte, a distanza di tempo, tornano pure a trovarci e salutarci. – commenta Graziani – Certo, il primo impatto genera un po’ di imbarazzo, di disorientamento… ma già l’indomani scompare tutto, forse anche per il nostro clima molto familiare e informale. Nel percorso, abbiamo visto che alcuni vanno spronati più di altri, ma in generale c’è stata sempre collaborazione da parte loro, anche sul piano dell’empatia. Fin da subito, sono ‘presi’ dall’esperienza e cercano un modo per entrare in relazione con gli ospiti. L’unico aspetto che correggerei è il coinvolgimento delle loro famiglie, perché non sempre c’è, invece sarebbe importante“.
“Guardiamo con favore e disponibilità a questo nuovo modello di scuola che si sta affermando – dichiara Simone Bucchi, presidente del CSV Marche che ha il ruolo di promuovere l’accordo e coinvolgere le associazioni. – Una scuola più aperta, alla ricerca di collaborazioni e ‘contaminazioni’ positive con la società civile, il mondo imprenditoriale e il terzo settore. Lo stile educativo di questa convenzione è molto ‘maturo’, e dimostra una maggiore volontà di stare vicino alle fragilità dei giovani. Le attività di volontariato si prestano particolarmente a ciò perché traducono in pratica tanti valori, offrono lo spazio per una riflessione e aiutano a rendersi conto che esiste l’altro”.
Foto: © Roberto Testini – Progetto FIAF-CSVnet